Jacopo d'Amico, Piennolo - PARIZZA2025
A dodici anni impastava nel forno di famiglia a Terracina, oggi guida una pizzeria-ristorante nel 15° arrondissement di Parigi. A Parizza 2025, ospite dello stand Petra Molino Quaglia, Jacopo D’Amico ci parla del suo percorso e di cosa significa portare un pezzo d’Italia nel mondo.
Jacopo, ci racconti da dove vieni?
"Vengo da Terracina, una città in provincia di Latina. La mia storia comincia lì, tra i profumi del forno e le mani infarinate fin da ragazzino. Avevo dodici o tredici anni quando ho iniziato a lavorare nella pizzeria di famiglia. Era un gioco e un lavoro allo stesso tempo, fatto di osservazione, ascolto, errori e tentativi. L’arte bianca l’ho imparata guardando e imitando gli altri pizzaioli che lavoravano con i miei genitori. Non c’era scuola più viva di quella."
Oggi vivi a Parigi. Com’è successo?
"Dopo un’esperienza a Bruxelles — anche quella legata a un progetto con Molino Quaglia — ho deciso di trasferirmi a Parigi. Sono passati due anni e mezzo, e nel frattempo è nato Piennolo, il mio ristorante-pizzeria nel cuore del 15° arrondissement, in Rue Rosenwald 18, vicino al parco Georges Brassens. È un locale di quartiere, quaranta coperti, un’atmosfera semplice e curata. Facciamo pizze napoletane contemporanee, ma anche primi piatti e antipasti. Non è solo una pizzeria: è un piccolo ristorante italiano, pensato per far sentire le persone a casa."
Come nasce la scelta di usare le farine Petra?
"Petra è molto più di una farina: è un compagno di viaggio. Quello che apprezzo, oltre alla qualità del prodotto, è il senso di appartenenza a una comunità che cresce. I trainer ci affiancano in una formazione continua, ci aiutano a sperimentare e a rimanere aggiornati. È un modo per non sentirsi mai fermi, mai soli."
Che tipo di accoglienza ha la pizza napoletana a Parigi oggi?
"C’è tanta competizione, e questo non è un male. Anzi, alza il livello. A Parigi la pizza è diventata una cosa seria: siamo in tanti della mia generazione a provare a dire qualcosa di personale attraverso questo mestiere. Per me la pizza è una forma di linguaggio: parla della mia storia, dei prodotti che scelgo, dei gesti che ho imparato e che cerco ogni giorno di migliorare."
Come vivi la tua esperienza parigina?
"Con gratitudine. Parigi è una città meravigliosa e complicata, piena di stimoli. Vivo qui con umiltà, cercando di crescere ogni giorno, senza dare mai nulla per scontato. Ringrazierò sempre chi mi ha dato l’opportunità di venire qui e costruire qualcosa di mio."
E l’Italia? Ti manca?
"Tantissimo. L’idea di tornare, prima o poi, c’è sempre. L’Italia resta casa, e la casa è qualcosa che non si dimentica. Però finché sono qui, cerco di portarne un pezzetto con me — in ogni pizza che sforno, in ogni piatto che preparo."
(ndr) Libera rielaborazione dei testi originariamente contenuti nella seguente fonte:
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