Podcast integrale Lazio Toscana e Marche
Nella video intervista del progetto Petra Evolutiva, i protagonisti della terra raccontano il presente e il futuro dell’agricoltura italiana. Giacinto Beninati, con suo figlio Mariano al fianco, porta la voce di chi la terra la coltiva da generazioni e continua a crederci, nonostante tutto.
"Mi riempie d’orgoglio che mio figlio faccia il mio lavoro. Ma le difficoltà sono estreme".
A parlare è Giacinto Beninati, agricoltore toscano, durante un incontro promosso dal progetto Adotta un Raccolto di Petra Evolutiva. Un confronto a più voci tra agricoltori, artigiani e insegnanti di agraria, per ragionare insieme sul futuro della terra e su cosa significhi, oggi, tramandare un mestiere che non garantisce più certezze economiche.
Giacinto è parte di una storia lunga quattro generazioni. Oggi lavora fianco a fianco con suo figlio Mariano. Ma il suo racconto non è un’ode alla tradizione: è piuttosto il grido lucido e sincero di chi ogni anno si ritrova a fare i conti con una realtà dura, fatta di sacrifici e conti che spesso non tornano.
"Si fa un mare di grano, si arriva in fondo... e poi? Come si paga il gasolio? Come si pagano le spese?"
Beninati lo dice chiaramente: chi coltiva cereali vive una condizione di svantaggio strutturale, aggravata da un sistema di sostegni agricoli che favorisce chi ha già capitali, piuttosto che chi lavora davvero la terra.
"Chi fa l’agricoltore vero è svantaggiato dall’inizio alla fine", denuncia. "Una volta il grano era oro, oggi non vale più nulla".
A dare una dimensione concreta al problema ci pensa lui stesso con un paragone eloquente: nel 1978 bastavano 1.000 quintali di grano per comprare una mietitrebbia. Oggi ne servirebbero 15.000.
"Siamo sparametrati, sproporzionati", commenta con amarezza.
Dal mondo della scuola arriva la conferma. Cristiano Cocci, docente dell’Istituto Agrario “Celso Ulpiani” di Ascoli Piceno, sottolinea la difficoltà dei giovani a restare nel settore agricolo: "Su sei ragazzi in stage, solo due scelgono di continuare. Gli altri vanno a lavorare in fabbrica, nelle pulizie, in banca".
Il motivo è semplice: senza condizioni minime di redditività, non si può chiedere ai giovani di scegliere l’agricoltura. La passione da sola non basta.
Eppure, c’è chi continua a provarci. Giacinto lo fa anche partecipando al progetto Petra Evolutiva, che mette in relazione agricoltori e artigiani attraverso l’adozione di piccoli appezzamenti. Due ettari sui quasi mille che coltiva ogni anno, ma che fanno la differenza: "Conosco le nove persone che li hanno adottati, quei due ettari ti rendono qualcosa in più", dice.
Non cambia la vita, certo. Ma cambia il senso. Perché restituisce dignità e valore a un lavoro troppo spesso invisibile.
Luca Giannino, coordinatore del progetto, chiude con una riflessione:
"Il nostro ruolo è importantissimo: chiudere filiere come queste significa rimettere in contatto artigiani e clienti con il mondo agricolo. Altrimenti, più passa il tempo, più la gente farà la spesa nella grande distribuzione e si dimenticherà cosa succede nei campi".
Un futuro diverso è possibile. Ma passa dalla consapevolezza di chi compra, dalla responsabilità di chi comunica, e dal coraggio di chi, come Giacinto, continua a seminare – anche quando il raccolto sembra lontano.
(ndr) Libera rielaborazione dei testi originariamente contenuti nella seguente fonte:
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