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come e dove Petra arriva in tavola
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Benevento, la passione di Ernesto Varricchio


Non c'è solo Napoli per mangiare delle ottime pizze in Campania. Lo dimostra non solo il successo di Franco Pepe a Caiazzo, ma anche il lavoro di molti suoi colleghi nelle altre province della regione. A Benevento, ad esempio, c'è l'Oasi dell'Antica Quercia di Ernesto Varricchio.

Una bella struttura di campagna affiancata da una grande quercia da sughero, appena fuori dalla città, dove la famiglia Varricchio al completo si occupa dell'accoglienza (i figli Mario, Luca e Laura, che si alternano anche in laboratorio) dei dolci (la moglie Gina) e della pizza, a cui pensa direttamente Ernesto.

Un'attività nata quasi per caso: Varricchio, che è stato in passato falegname, marinaio e imprenditore sportivo, non “nasce” pizzaiolo per tradizione familiare ma lo diventa per passione, qualche anno fa, decidendo di dedicarvisi con impegno e ricerca.

Senza pregiudizi, va a studiare al Nord per imparare tutto su forni e farine – partecipando pure a Pizza Up nel 2012, mentre Gina ha adottato il “metodo Morandin” per la gestione del lievito madre – e a Napoli per carpire i segreti della pizza napoletana.

Mettendo a frutto le nuove conoscenze e le sue abilità manuali si costruisce da solo il forno in cui oggi cuoce le sue pizze, che definisce “il cerchio riformulabile all'infinito”.

L'impasto è a base di farine integrali di grano tenero – come la Petra 3 che ha usato per preparare la sua Corbarina al Bufala Fest del settembre scorso a Napoli - e grano duro, alta idratazione (70%) e una lunga maturazione (48/72 ore) per ottenere digeribilità, aromi e sapore.

Sopra, ci va il meglio della produzione agroalimentare campana, con qualche sconfinamento oltre regione: il fiordilatte di Agerola, i pomodori del Vesuvio, di Corbara e dell’Agro Nocerino-Sarnese, il tonnetto e le alici di Cetara ma pure la crema di pistacchi di Bronte, i capperi di Salina e formaggi erborinati irlandesi Cashel Blue.

Spesso però le sue pizze nascono come omaggio al territorio circostante e alle sue tradizioni:

dal Mallone (in foto, crema di broccoli, patate schiacciate, fiordilatte di Agerola e cotechino, prende il nome da un piatto povero della cucina contadina beneventana);

alla Ramata (fiordilatte di Agerola, pancetta e un vero e proprio ragù di cipolla ramata di Montoro sfumato con birra rossa, il cui sapore dolce contrasta piacevolmente con la sapidità della pancetta);

passando per la golosissima Pancia Magra (con una cremosa base di fiordilatte di Agerola e formaggio al pepe verde e pancia magra di Nero Casertano).


Luciana Squadrilli
fonte: 
http://newsletter.identitagolose.it/email.php?id=551

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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