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Cuore napoletano, verve francese: la pizza che i parigini amano alla follia


Pizza a Parigi. Tra le eccellenze italiane di Francia non può mancare la pizza. Ed è davvero come dice il nome, Bijou, un gioiello, incastonato a pochi passi da Montmartre.

La pizzeria di Gennaro Nasti, pizzaiolo napoletano e giramondo che dopo Usa, Spagna e Italia ha trovato casa a Parigi. Qui, forte di impasti meditati a lungo, entusiasmo e deciso senso del gusto, osa servire pizze a prezzi di piatti da stellato. Un progetto incredibilmente coraggioso per rendere la pizza un prodotto di alta cucina, con relativi prezzi.

Certo ci sono la Margherita Verace a solo 16 euro (una vera sfida trovarne di questi livelli con farina semi integrale), la Capricciosa a 17,50 e la Marinara (con farina integrale) a 20. Ma per lo più il listino va da 22 a 40. Da premettere subito: spesi bene.

Il forno a legna dalle tessere dorate è ben visibile all’ingresso, ma non è qui che accadono tutte le  magie. Perché non tutti i dischi che ne escono sono pronti da servire. In alcuni casi sostano un attimo sul bancone per il pit stop dalla cuoca.

Che sporziona a favore di condivisione, poi condisce con precisione e dosi generose, che sia la Bedogni – di farina integrale, idratazione dell’80%, con stracciatella, prosciutto di Parma stagionato 24 mesi Bedogni e un filo di extravergine Muraglia – o l’Antica, una a prima vista margherita, con impasto integrale e 70 per cento di idratazione, in cui la salsa di pomodoro è in realtà un compatto e concentrato ragù “ancien napolitain” (senza carne) di pomodorini di Corbara cotto a fuoco lento per quattro ore.

Non a caso è la ricetta della nonna, perché anche il pizzaiolo avanguardista non può prescindere dai ricordi del palato, e in questo caso dai profumi che inondavano le strade di Secondigliano a ora di pranzo.

Una pizza cucinata quella di Nasti, dove ogni ingrediente e ogni impasto ha un suo posto. Tre i diversi extravergine a seconda delle esigenze, due le marche di farina (Grassi e Petra), per diversi impasti a prova di digestione e soprattutto di cornicione abbandonato: evolutivo (con un mix di 200 grani), integrale, semi integrale, classico.

Per non parlare degli abbinamenti al bicchiere suggeriti dalla sommelier da una cantina dove l’Italia è molto più rappresentata della Francia. Per esempio è un Barbaresco ad accompagnare la pizza “Caille”, con filetti di quaglia lievemente arrostiti, foie gras, e perle di tartufo nero, sostenuti da foglie di scarola stufate. Il morso è soffice, soave alla masticazione. Una piccola sinfonia di sapori. Non stupisce che i 30 coperti siano occupati in continuazione per tre turni a pasto sette giorni si sette. Grazie anche al lavoro di dieci persone tra sala e cucina, a vista.


Eleonora Cozzella
fonte: http://www.repubblica.it/sapori/2018/10/17/news/bijou_di_gennaro_nasti_la_pizza_che_i_parigini_amano-208721819/?fbclid=IwAR09FY_amMM2qCipfWDgq9kfTJL3cciQqOnNsOQlBAE0CvyNwJGK9Uy-oG8

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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