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Franco Aliberti: di erbe, latte, mirtilli...


Chef. Pasticcere. Pastore. «Sì, amo passeggiare per i boschi. Camminare fino agli alpeggi, stare con gli animali e parlare con loro. Anche da solo. Mi rilassa e mi ricarica».

Franco Aliberti adora lo stretto contatto con la natura, la sua musa ispiratrice. Colei che tutto vede e tutto plasma. Sotto, sopra, dentro e intorno a La Fiorida, a Mantello, in provincia di Sondrio: fra l’Adda e il Lago di Como; in Bassa Valtellina, ma con gli occhi puntati alle alte quote...

Un luogo poliedrico dove Franco officia insieme allo chef Gianni Tarabini. Una comunità rurale autosufficiente (o quasi). Una fattoria moderna, in cui convivono stella e stalle, agriturismo e ristorante gourmet La Preséf, caseificio e centro benessere. Per una filiera corta che più corta non si può.

Così Franco pesca. Il burro, la panna e il latte delle vacche di razza bruna alpina. Le erbe e le verdure dell’orto.

«I mirtilli selvatici della Valgerola invece li lascio raccogliere alle vecchiette del paese. Chine sulle rocce dove essi crescono. Sono bravissime». 

Insomma, dove non arriva la mano diretta di Aliberti, arriva quella degli esperti conoscitori del territorio. Così da valorizzare e tutelare le lavorazioni agricole e artigianali della montagna. Tutto risponde a una visione illuminata e circolare, in cui partenza e traguardo coincidono.

E poi c’è la massima attenzione alla stagionalità. Per utilizzare i prodotti nell’istante della loro perfetta maturazione. Oppure c’è la conservazione. Per prolungare nel tempo la qualità senza spreco alcuno.

Certo, perché l’altra fissazione di Franco è proprio quella di riciclare e mai gettare. Il che significa prendere le foglie dei vegetali e candirle, per utilizzarle nei dessert. Oppure recuperare la buccia degli agrumi, farla essiccare e poi grattugiarla, per ridurla in polvere. Parola d’ordine sostenibilità. Elevata all’ennesima potenza.

Un senso ecologico, etico e green che pervade tutto il modo di pensare di Aliberti. Nutrendo le sue creazioni. Che sono tutte ideate in sinergia con Tarabini. Dall’incipit al the end. Dall’antipasto alla fine del pasto.

«Se così non fosse nascerebbero piatti eccessivamente individuali», spiega il pastry-chef. Mentre quello che vogliono i due alfieri della Fiorida è un senso corale della carta. In cui le pietanze rispondano a una logica e fluida consecutio temporum. Anche contaminandosi a vicenda.

Come nel dessert Wild: ristretto di manzo, bottatrice marinata, muschi e licheni. Oppure in quello che elegge latte, crema alla vaniglia, pralinato di nocciola e rapa arcobaleno.

Non dimenticando pane, burro marmellata. Che Aliberti prepara per colazione. Fra memorie d’infanzia e i toni rustici e terragni di una pagnottella messa punto con le farine firmate dall’estense Molino Quaglia: Petra 1 e Petra 9, segale, farro monococco, Cerealè e Bonsemì.

A completare il breakfast: burro, ottenuto da panna di affioramento, sale affumicato homemade e confettura di mirtilli.  

Piccoli frutti preziosi che tornano. Sotto foggia di meringhe. «Viola, blu, grigie. Dipende dal grado di acidità», svela Franco. Che nobilita la merenda di campagna realizzando un dolce intitolato Contadino, dalle nuance agresti ma raffinate.

Mousse di formaggio di capra, ricoperta da una pellicola di latte gelificata; crema di castagne (quelle dure e secche, essiccate nelle baite); e foglia di alloro. Per esaltare il sentore boisé. Infine: un crumble, a base di farina di grano saraceno germinato by Petra.

«Perché la fase di germinazione è il momento migliore per assaporare un cereale. Che raggiunge l’apice della sua espressione. Anche in fatto di digeribilità e capacità di assimilazione». E un dolce, oltre che essere buono, deve infondere benessere.


Cristina Viggè
fonte: http://www.identitagolose.it/sito/it/97/20196/dolcezze/franco-aliberti-di-erbe-latte-mirtilli.html?p=0#.W37mx_54d4I.facebook


Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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