Ma studiano attentamente e a lungo ogni ingrediente, sia dell’impasto che della guarnizione. Non solo: è un grande conoscitore del territorio e come tale ne utilizza le eccellenze, ne comprende gli usi, gli abbinamenti, le potenzialità.
Da tempo Coppari studia nel suo laboratorio le fermentazioni e ne ricava ingredienti preziosi per le sue pizze e non solo. Da questo studio nascono alcune delle nuove pizze, ordinabili "al metro" o nel formato classico, come l’audace Um-Amami con mozzarella fiordilatte, katsuobushi, zenzero, timo limone e cipolla fermentata. Un vero concentrato di “umami” che approda sulla pizza al metro.
Dopo circa sette mesi di lavoro sui fermentati, Alessandro ha deciso di proporre anche una nuova versione del suo Uaau!, soffice panino a base di latte con cottura al vapore, che con l’autunno abbandona la porchetta per sostituirla con una salsiccia cotta a bassa temperatura, cime di rapa, cipolla fermentata e fonduta di formaggio Blu della Lessinia.
Entrano poi in menu anche Suasantità, che porta nel nome una dichiarazione d'amore per il territorio e tra gli ingredienti annovera la dolce cipolla di Suasa, il pecorino del Montefeltro, oltre alla mozzarella fiordilatte del Casolare e il pomodoro San Marzano Dop, seguita dalla Panchamama - una "rimpizza", ovvero pizza farcita con pancia di maiale cotta a bassa temperatura e laccata al miele, cavolo cappuccio fermentato, senape e rucola - fatta di sapori pieni, rotondi come una coccola per l’inverno.
«I fermentati mi piacciono perché alimentano il mio amore per la ricerca, lo studio delle materie prime e del modo in cui mutano col tempo. Sto lavorando alle fermentazioni più classiche come cipolla e cavolo cappuccio ma anche a quelle più internazionali come il kimchi che vorrei usare sulle pizze piccanti – spiega Coppari
Credo che per un pizzaiolo sia fondamentale proporre l’eccellenza sia nelle pizze tradizionali, che devono essere impeccabili, sia nelle specialità che più lo rappresentano, per esprimere la sua creatività. Ci tengo a usare le materie prime locali, i presìdi Slow Food delle Marche, ma anche ingredienti lontani dalla mia cultura che mi diverto ad adattare.
Penso che chi, come me, gestisce un’attività di ristorazione lontana dalle grandi città abbia verso i clienti due doveri: il primo è garantire una proposta di alta qualità e il secondo è l’audacia, per offrire al pubblico qualcosa di diverso, che apra gli orizzonti e racconti, nel piatto, l’infinita versatilità di un prodotto come la pizza, tanto made in Italy quanto universale».
Redazione Identità Golose
fonte: https://www.identitagolose.it/news/?id=235
Foto da pagina Facebook (ndr)
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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