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Tiepolo, il gelato e le animelle (parte III - Le Animelle)


Alla corte dei Papa...

...E dopo le tele del Tiepolo e una pausa deliziosa, la new direction è Barbariga. A circa 15 minuti di auto da Verolanuova. Una sosta che vale il viaggio, per un pranzo e una cena da imprimere nella memoria.

La zona è periferica, ma l’elegante salotto cattura a tal punto l’attenzione da far dimenticare il resto. Il nome del ristorante? Gaudio, sicuro presagio di un gaudente desinare. Fra pennellate ottanio, parquet lucido e scuro, tappeti, geometriche tappezzerie che paiono tele contemporanee e tavole candide ed essenziali. Animate dai vivacissimi ed eccentrici animali della collezione Tom’s Drag. Figure veraci, talvolta audaci. Di certo, portatrici di energia.

Come piena di energia è la cucina di Diego Papa: classe 1982, una formazione all’alberghiero Andrea Mantegna di Brescia, un corso in Scienze e Tecnologie Alimentari a Piacenza e un approccio da autodidatta ai fornelli. Di cui tiene saldamente le redini. Mentre il fratello maggiore Giambattista (proprio come il Tiepolo, ma annata 1969) è il gran cerimoniere di sala. Due titani. Ciascuno concentratissimo sul proprio compito. Il che si traduce in pietanze esuberanti, spontanee, scattanti e fuori da ogni schema, nonché in una sala elegante ma mai ingessata. Anzi, Papa senior danza fra i tavoli con gesto discreto e raffinato ma non affettato. Raccontando storie di vitigni e di vini.

“La nostra cantina conta circa novecento etichette. Io le conosco tutte. Perché le ho assaggiate e selezionate. E molte hanno pure una certa profondità”, dichiara Giambattista, fiero delle sue verticali.

Intanto, sotto il nome dell’insegna tre parole saltano all’occhio: Territorio, Ricerca, Evoluzione. Giusto a ricordare i tre tasting menu, ma soprattutto a condensare tutta la filosofia del locale. Che, seppur legato al genius loci, si volge con costante tensione verso un oltre propulsore.

“Lavoro con il territorio italiano. Ma non nego qualche influenza francese nelle ricette”, precisa Diego. Che ha una propria visione ideale della degustazione, libera dalla stereotipata suddivisione in antipasti, primi e secondi. Per seguire più una consecutio temporum gustativa. Piatti in crescendo, dunque, che si avvicendano per intensità, alternando grassezza, acidità e amarezza e raggiungendo un apice conclusivo. “Il carboidrato, per esempio, spesso lo servo quasi in conclusione del pasto. Perché sazia”, Papa junior docet.

Già l’incipit è una giostra. Nel calice: il Franciacorta “Boschedòr”, l’extra brut  by Bosio annata 2011. In tandem: acciuga, formaggio fresco e salsa ai frutti rossi. “L’aperitivo è sempre offerto”, tiene a puntualizzare Giambattista. Mentre un circo di delizie giunge à la table: vaporoso burro di Normandia montato con olio del Garda e fiocchi di sale; grissini stirati a mano e pane homemade; e cialdine di polenta fritte in olio di arachidi. A ricordo della croccante crosticina che rimaneva sul fondo del paiolo contadino.

A seguire? L’umami in tazza. Ovvero un brodo ai porcini, con pesci bianchi e olio extravergine al cedro targato Tosoni, maison di Monica del Garda.

“È nostra abitudine iniziare sempre con un brodo. Caldo o freddo che sia”, spiega lo chef. Che prosegue con gamberi viola, porcini, tartufo e salsa olandese.
Perché? “Perché qui siamo a Barbariga, fra le campagne della Bassa Bresciana. E il pesce va sempre contestualizzato. Con la stagione e con il territorio”, prosegue Diego. Che in carta propone anemoni di mare, ceci e zenzero; orata cruda, maionese alla melagrana e verza fermentata; scampi siciliani, cavolfiore al rabarbaro e caviale; e dentice al miele, barbabietola e agrumi.

Ma un piatto resta memorabile: la cernia di fondale. O meglio, gola, tempie e guance del pesce con corredo di zucca, rafano, ketchup al vermouth Riserva Carlo Alberto e pane speziato. Una pietanza magistrale, ideale in abbinata con un vino oceanico, salino, sapido, teso e minerale quale l’Albariño 2017 della Bodegas Albamar, cantina galiziana che vanta vigneti affondati in suoli sabbiosi.

E con gli spaghettoni alle ostriche, porri e anice verde? Meglio il “Praelatenberg” 2015, un Riesling d’Alsace Grand Cru siglato dal domaine Allimant-Laugner. Ma da provare sono pure la zuppa d’astice, fagioli e castagne con tubicini di semola di grano duro; il risotto carnaroli alla zucca e mostarda di mela cotogna con culatello croccante; e i pennoni di Gragnano ai fegatini di pollo con curcuma e carote.

Intanto Diego non perde il filo del discorso e sorprende con un divertissement: finocchio, tartufo e robiola di capra. Accompagnata dall’Aperitivo Essenziale “BBB” by DiBaldo. Un bitter brillante, a base di pecorino e passerina.

Tartufo che torna. Nelle animelle di vitello al vermouth bianco con i porri. “Ma in questo periodo propongo anche molta selvaggina. Cervo, alzavole, tartare di daino, racconta Papa. Che, in chiosa, fa uscire allo scoperto i casoncelli con fonduta di grana, burro di Bagolino e salvia fritta. Non sono in menu. Ma lui si inchina a Barbariga, dove il casoncello porta alto il vessillo della De.Co. (la denominazione comunale). Casoncello chiuso rigorosamente a mano. Mentre Giambattista versa il “Colle degli Ulivi”, Botticino doc firmato dai bioviticoltori Noventa. Summa dotta di barbera, sangiovese, marzemino e schiava gentile.

Felliniano il finale. Fra baci di dama, macaron alla vaniglia, paste di mandorla e marasche ai pistacchi. Una piccola pasticceria dallo spirito circense, presentata (anzi, incastonata) nella grande sfera in vetro borosilicato disegnata da Gennaro Esposito. Un ennesimo tocco d’artista.


Cristina Viggè
fonte: https://www.fuorimagazine.it/blog/shooting/?permalink=tiepolo-il-gelato-e-le-animelle

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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