Oggi però di tradizione nella pizzeria, anche quella di matrice napoletana, è rimasto solo un pallido ricordo. Le mani dei padri hanno smesso di battere e stendere il disco di pasta e quelle dei figli sono guidate dall'immagine di Instagram e dalle stelline di Google.
Sono importanti gli ingredienti di alta qualità per il risultato da portare in tavola? Per fortuna per alcuni pizzaioli sì, ma per i più, purtroppo, ancora no. Peraltro la qualità dei nostri piatti si tinge sempre di più di stimoli alla ricerca della sostenibilità ambientale ed economica che il pubblico, in buona misura quello più giovane, chiede con voce crescente ai professionisti della ristorazione.
I meno giovani potrebbero essere portati a pensare saggiamente che culto dell'immagine e superamento della tradizione siano passeggeri e che si torni a una visione più materiale e concreta di ciò che mangiamo. Ma questa speranza è vana, perché nel gioco tra tradizione e novità è entrato un terzo attore: l'intelligenza artificiale.
I grandi gestori dei dati l'hanno già inclusa nei più comuni strumenti digitali di ricerca delle informazioni nel web, strumenti usati quotidianamente da tutti, capaci di condizionare le decisioni individuali e di sostituire allo spirito critico dell'individuo quello della community cui appartiene. Tuttavia l'intelligenza artificiale ha pregi innegabili se vista come un'aiutante da guidare, più che come consigliere da cui lasciarsi guidare. I primi test applicati alla pizza sono già in corso nella nostra Università della Pizza e i primi risultati direi sorprendenti.
Piero Gabrieli
fonte: https://www.identitagolose.it/ermes/newsletter/?id=698
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BREAD RELIGION
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