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come e dove Petra arriva in tavola
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Autunno a L’Île Douce


«Mi lascio ispirare. Dalla pasticceria francese. Dai viaggi a Parigi. E pure dalle stagioni», spiega Fabrizio Barbato, pastry chef de L’ Île Douce...

Che guida - con la socia e master sommelier Simona Passalacqua - nel quartiere Isola, a Milano.

«Il nome l’ho pensato io, una notte», svela Fabrizio: classe 1987, radici affondate nel Sannio (nella beneventana San Marco dei Cavoti) e da ormai un anno all’opera nella pâtisserie meneghina. Dove firma anche dessert saissonier. Come il Love Truffle, vero omaggio all’autunnale gioiello ipogeo.

Una frolla, preparata con farina Petra 5 di Molino Quaglia, un biscuit al pistacchio di Bronte (by Pariani), pralinato e vellutata di pralinato fruttato alle noci pecan, tuile al grué di cacao e sfere di tartufo nero.

Ma nella luminosa vetrina sfilano altri dolci stagionali. Vedi Autumn in Paris, passeggiata lungo la Senna al tramonto: cake alla mandorle, gelée al mango e passion fruit, e mousse alla crème fraîche di Normandia. Regione francese dalla quale provengono pure panna e burro.

«Anche se un po’ di burro di malga piemontese lo utilizzo», precisa Barbato. Che mette a punto Foliage, a rammentar la caduta delle foglie a ritmo di biscuit realizzato con Petra 5 e Caraïbe di Valrhona, mousse al Gianduja Noisette Noir e gelée di zucca e zenzero.

Mentre i cachi vengono valorizzati in una cake alle mandorle, ganache montata alla vaniglia e marroni canditi. Che tornano a pezzetti nella Sinfonia, interpretazione îledouciana del Montblanc, insieme a chantilly alla vaniglia e ai marroni e a una pipetta colma di crème de Cassis.

«Perché regala al palato una ventata di freschezza», commenta Fabrizio. Un Petra Selected Partner, affiancato dalla compagna Angela Carantini, dal conterraneo Federico Tremonte e da Alice Mascheroni (fidanzata di Federico). Per un quartetto perfetto.

Fabrizio, “Pasticcere Emergente” per la guida Pasticceri & Pasticcerie 2019 del Gambero Rosso. Fabrizio amante dei dettagli. Fabrizio che non dimentica fiori e germogli - in primis camomilla e finocchietto selvatico -, impreziosendo così le sue crostate di frutta.

Fabrizio che gioca con le forme, realizzando un tiramisù a foggia di chicco di caffè. Fabrizio che ironizza con il Bounty, a ricordo della celebre barretta: una crostatina ripiena di ganache e daquoise al cocco, decorata con una mousse al cioccolato al latte. Fabrizio che rende onore a Milano, sua città d’adozione, con Safran: un cuore di riso al latte, chantilly al mascarpone homemade e zafferano.

Fabrizio che non tradisce le sue Origines, dando vita alla rilettura contemporanea del croccantino tipico del suo paese. «Dove lo chiamano torrone», puntualizza il pasticcere. Che crea un cuore semiliquido di caramello salato, una mousse alle nocciole, un croccantino alle nocciole e cioccolato Jivara e una lucidissima glassa al cacao.

Una golosità di vera classe. Come tutte le creazioni del giovane pastry chef. Fra le quali spicca Layers, superba verticale sul fondente: mousse al Nyangbo, cremoso all’Extra Bitter e ganache montata al Caraïbe.

«Pensare che anni fa non cucinavo neppure - svela - Poi, un po’ per curiosità e un po’ per necessità, ho cominciato a farmi da mangiare. Anche perché i miei 110 chili erano effettivamente eccessivi», ammette Fabrizio, ora in forma smagliante.

Lui: una laurea in Giurisprudenza - «che mi ha dato la cultura, il metodo e l’organizzazione» -, due genitori impegnatissimi in un’azienda di informatica, e una passione per la pasticceria francese nata pian piano.

«Compravo i libri in lingua e, fra un esame e l’altro, sperimentavo i dolci a casa. Macaron, glasse, mousse». Poi, la decisione di emigrare a Milano. Condividendo - con Giuseppe Iannotti e Christian Milone - l’avventura culinaria all’hotel Boscolo (oggi Palazzo Matteotti by The Dedica Anthology).

In seguito, i corsi di pasticceria alla Food Genius Academy (che continua a tenere) e l’approdo a L’ Île Douce. Insegna concepita come una pâtisserie-bistrot. Fra toni crema e oro, tavolini, lampade artigianali in stile parigino e una buona dose di charme. Al quale concorre pure il piccolo laboratorio a vista. Mentre un altro lab super attrezzato (di quasi settanta metri quadrati) è la fucina di Barbato.


Cristina Viggè
fonte: https://www.identitagolose.it/news/view.php?id=123



Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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