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RASSEGNA STAMPA WEB
come e dove Petra arriva in tavola
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Il grandangolo di Giuseppe Rizzo


“Ma non fate pizze normali?”, talvolta gli chiedono i clienti. E lui? Trasforma la fatidica domanda in un ironico hastag, scritto a chiare lettere sulla cornice per scatti e selfie. Realizzata in occasione della festa dei venticinque anni di attività del suo locale.

Il ristorante Dell’Angolo, a Vittuone, in pieno Parco Agricolo Sud di Milano. Che aprì, ormai un quarto di secolo fa, con sorella, mamma e papà. Già titolari del ristorante-pizzeria La Ruota, al di là della strada.

Un semplice trasloco? Non proprio, vista l’evoluzione dell’insegna. Che se ne sta all’angolo estremo di via Enrico Villoresi. Facendosi ben notare. Per il rigoglioso giardino, per l’ariosa veranda, per il legno, per il verde, per quel senso rassicurante e quell’aura elegante ma non sofisticata.

Un luogo di casa fuori casa. Poco lontano da Milano e immerso nella calma. Sì, quello di Giuseppe Rizzo è uno spazio che mette a proprio agio. Rurale, ma non banale. Chic, ma non vanitoso. Un centinaio di coperti all’interno. Una trentina all’esterno. Mamma Anna a dare una mano; la moglie Silvia a tenere l’amministrazione sotto controllo;

Natalie Innamorato a orchestrare la sala (ma pure a supervisionare i menu); Giuseppe alla regia e un’efficiente brigata a far da braccio armato, fra impasti, forni e fornelli. Insomma, un ristorante a gestione familiare, ma senza incappare nelle sabbie mobili della staticità.

Anzi, dinamismo e flessibilità sono proprio gli assi nella manica di Rizzo. Che non si è seduto sugli allori del so già tutto io. Mettendosi in gioco, frequentando tutti e tre i livelli dell’Università della Pizza di Molino Quaglia ed entrando pure a far parte dei Petra Selected Partner.

“Qui ho anche la mia stanza dei giochi”, svela. Indicando il suo laboratorio, dotato di attrezzature di ultima generazione. Perché al forno a legna fanno compagnia l’Orion by Bongard, il Rational e la camera di lievitazione. Perché qui tutto è figlio del lievito madre.

Anche pani, pagnotte e brioche salate. A cui si uniscono i grissini (con Petra 9 e Bonsemì) che accompagnano le pietanze in carta. “Il mio obiettivo è quello di creare un vero e proprio angolo bakery”, ammette Giuseppe.

Beppe, dedito soprattutto a pizze e focacce. Perfettamente raccontate in una carta pulita ed essenziale, suddivisa a seconda degli impasti e degli ingredienti.

Certo, ogni base esige un determinato topping. Per esempio un impasto preparato con Petra Evolutiva è preferibile in bianco, senza aggiunta di pomodoro”, spiega Rizzo, facendo riferimento alla farina limited edition nata da un miscuglio di grani teneri cresciuti in Sicilia, secondo il regime biologico e la naturale selezione climatica.

E poi ci sono le preparazioni che fanno “la Differenza”. Suddivise in focacce “tuttoilgrano” e in “pala alla romana”. Le prime messe a punto con l’integralissima Petra 9, presentate a spicchi e con lo stracchino a far da legante. Della serie quella con polpo, pâté di pomodorini secchi, capperi e olive; quella con fave, pecorino e pancetta cotta affumicata “Giovanna” di Capitelli; e quella con burrata e prosciutto di San Daniele stagionato 24 mesi. Per un classico che non tramonta mai.

Le seconde realizzate partendo da due bighe, con Unica (a freddo) e con Special (a temperatura ambiente). Per un impasto fragrante e profumato. Servito a cubotti e pronto ad accogliere burrata, acciuga e scorzette di limone; mozzarella di bufala campana e pomodorino confit; squacquerone, mortadella e pistacchi salati; fiordilatte, vitello tonnato e le sue verdure di cottura; nonché stracchino, asparagi, ricotta salata e uovo 61 (cotto a bassa temperatura).

E “la Tradizione”? Giuseppe la osserva e la conserva. Sempre a modo suo. Voilà l’impasto “verace”, conSpecial e Petra 5. “In questo caso lavoro con tre bighe”, racconta il pizza chef. Che farcisce la sua pizza dal cornicione pronunciato e dal diametro di circa 28 centimetri con i sapori del sud.

Per meglio valorizzare lo spirito mediterraneo della pizza: fiordilatte di Agerola, caponata di melanzane e burrata; bufala affumicata, pomodorino giallo di Torre Guaceto, capperi, scaglie di pecorino e basilico; pomodoro corbarino, olive nocellara appassite, capperi, acciughe del Cantabrico e origano. Comun denominatore? Un filo d’olio extravergine d’oliva versato alla fine.

Tradizione incensata anche nel caso dell’impasto “a noi piace così”. Ossia secondo la visione personale di Rizzo: con Petra 1, 5 e 9. Per una pizza - dal diametro di 32 centimetri - croccante fuori e soffice dentro.

Un esempio su tutte? La “Paparuoli” con fiordilatte di Agerola, friggitelli, pomodorini, cipolla, salsiccia e cacioricotta. Per un inchino alla Campania. Un impasto contemporaneo e versatile, capace di incontrare anche topping più audaci.

Della serie fiori di zucca, zafferano, zucchine e prosciutto cotto al naturale by Capitelli; pluma di patanegra, cipolle caramellate e senape in grani; soppressata calabrese, scarola e olive nocellara; uova, guanciale rosolato, cacioricotta e una macinata di pepe. Quasi fosse una carbonara.

E per chi adora la versione integrale dell’innovazione? Potrebbe ordinare le pizze con gorgonzola del Caseificio Gelmini di Besate, pere, noci e aceto balsamico; con melanzane, datterini, prosciutto cotto e parmigiano delle vacche rosse; e con cipolla di Tropea, ’nduja di Spilinga, pomodorini datterini e basilico.

Un proposta attenta quella Dell’Angolo. Che guarda indietro, davanti, a destra e a sinistra. Per non viaggiare solo sui binari della pizza, ma permettersi anche qualche deviazione culinaria.

Del tipo: piccola frittura di alici e moscardini; fiori di zucca gratinati con ripieno di baccalà; orecchiette con fave e calamaretti; e spaghetto alla bottarga di tonno rosso con seppioline e pistacchi. Oppure? Andare diretti sul menu “Enjoy”, perfetto mix fra pizza (anche fritta) e sfiziosità varie.

E nel calice? Vini. Italiani e francesi. “Perché io amo gli Champagne”. Ma non mancano le birre. Come la “Curmi” della maison trevigiana 32 Via dei Birrai: delicata e leggermente speziata, prodotta da farro non maltato unito al malto d’orzo.

Mentre la “Lait” del Birrifico ex Fabbrica (di Vigolzone) regala note agrumate; e la "Tipopils" del Birrificio Italiano (di Limido Comasco) esibisce un tono dorato, una schiuma abbondante e nuance di lievito fresco miste ad accenni floreali di camomilla e tarassaco. Una birra archetipica, semplice e al contempo di carattere. Apparentemente normale. Volutamente speciale.


Cristina Viggè
fonte: http://www.fuorimagazine.it/blog/shooting/?permalink=il-grandangolo-di-giuseppe-rizzo



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