Mamma Maria abitava proprio sopra quei locali, un rapporto di vicinato trasformatosi in fidanzamento e in matrimonio, man mano che apparecchiava e sparecchiava le tavole. Fino al trasloco in una sede più grande vicino a una caserma, con l’ampliamento dell’offerta a primi e secondi piatti tradizionali, e al ritiro di Vincenzo in favore dei tre figli.
“Fin da giovanissimi, però, eravamo abituati a dare una mano, io in particolare per le pizze”, puntualizza Mirko, fratello maggiore di Romolo e Piero.
Quando si è ritrovato in mano la pala del comando, il primo pensiero è stato quello di crescere e migliorare, sull’onda del rinascimento della pizza, cancellando il ristorante dall’insegna. Quindi il primo corso a Roma, a scuola di topping gourmet con Heinz Beck: caviale e uovo, avocado e gamberetti, nonché una margherita con la mozzarella liofilizzata. Abbastanza da mettere in crisi uno che era cresciuto a spaghetti e tortellini. Poi un corso di pizzeria con Gabriele Bonci e lo studio del lievito madre con Piergiorgio Giorilli, l’Università della Pizza e i corsi con Renato Bosco, sempre al Molino Quaglia.
“Insieme a Luca Pezzetta, che mi ha aiutato a sviluppare nuovi impasti, lo considero il mio maestro. Le consistenze di crunch e doppio crunch mi hanno fatto impazzire. Mi sono chiesto perché non sviluppare una pizza tonda con le stesse caratteristiche e ci ho lavorato sopra un bel po’”.
Il risultato è l’impasto Gran’Aria, brevettato lo scorso anno, il cui nome evoca la vaporosità dovuta all’elevata idratazione, intorno all’80%, e il connubio con la materia prima. La lavorazione è complessa: prevede 3 farine e 3 diverse lievitazioni, la semintegrale Petra 1 con la biga, l’integrale Petra 9 col poolish e la 0 sempre del Molino Quaglia per il rinfresco col lievito madre, funzionale agli aromi e alla serbevolezza. Si protrae per 36-48 ore, in modo da centrare l’obiettivo della massima digeribilità, oltre il morso croccante. Ma c’è anche l’impasto classico con Petra 1 e 9, idratazione al 70% e lievitazione mista. La cottura si svolge nel forno a legna.
Nel frattempo anche il locale è stato rinnovato e la carta snellita: sono 10 pizze tradizionali e altrettante gourmet, con ingredienti di stagione a rotazione, per un prezzo compreso fra 10 e 16 euro.
Fra i fornitori l’azienda agricola Fracassa, i cui suini sono allevati allo stato semibrado, per salumi il cui tenore in sale è stato ridotto al 2%, secondo le raccomandazioni dell’OMS, e il caseificio Sabelli, la cui stracciatella grazie al mix di tre panne risulta ideale sulla margherita 2.0, insieme a pomodoro pera d’Abruzzo ed emulsione di basilico. Resta sempre in carta con la Sant’Emidio, dedicata al patrono di Ascoli, la cui festa è celebrata con mazzi di basilico (quindi pomodoro, mozzarella di bufala, alici siciliane ed emulsione dell’erba), e la Matriciana, omaggio a Bonci.
“Partiamo sempre da un protagonista, che sia carne, pesce o formaggio, poi abbiniamo frutta o verdura di stagione, finiture di semi, erbe o germogli”. Vengono aggiunti in diversi momenti: le vellutate prima della cottura, per esempio la crema di porri con funghi, nocciole e tartufo; gli altri elementi durante o dopo. Vedi RoManzo Padano, con la fonduta di Grana e la tagliata cotta a bassa temperatura, rosolata subito prima che la pizza esca dal forno.
Per iniziare e finire ci sono gli antipasti per lo più fritti, fra cui le olive all’ascolana secondo la ricetta di papà Vincenzo, e i dessert di Piero, dal tiramisù alla crema catalana.
Romolo si occupa invece delle bevande, una decina di birre e altrettante referenze di vino, fra cui spicca Velenosi. Ma la pizza della Scaletta è buona anche per l’ambiente: dalla prossima primavera ogni anno verranno piantati nuovi alberi, che andranno a compensare il consumo di legna; oltre a progetti umanitari in itinere che faranno parlare di sé.
Alessandra Meldolesi
fonte: https://reportergourmet.com/160886/a-scuola-di-topping-gourmet-con-heinz-beck-e-limpasto-granaria-mirko-petracci-e-il-rinascimento-della-pizza.html
Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)
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