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Gusto, digeribilità, struttura: la filosofia del pizzaiolo “lievitista” Massimiliano Prete


Il percorso professionale di Massimiliano Prete inizia prestissimo, a 15 anni, quando lascia la terra d’origine, la Puglia, per Asti, dove muove i suoi primi passi in una tipica pizzeria di Tramonti e successivamente a Saluzzo come pizzaiolo e pasticcere...

Nel 2011 apre il Teatro del Gusto, e qualche anno più tardi rinnova il locale dove iniziò il suo percorso lavorativo con la moglie Enrica, il Gusto Divino. Proprio durante questa nuova avventura inizia a proporre il nuovo concetto di pizza, la pizza gastronomica. Nel 2016 inaugura Gusto Madre, pizzeria contemporanea in pieno centro ad Alba, cuore delle Langhe e regno dell’eccellenza culinaria piemontese.

Nel settembre 2018, per focalizzare la sua attenzione sui locali di Torino e Saluzzo, e per dedicarsi a nuovi progetti, lascia Gusto Madre Alba e chiude Teatro del Gusto e regala al locale di Torino un nuovo nome, Sestogusto.

Maestro d’Impasti Gambero Rosso, Ambasciatore della Pizza Slowfood e membro dell'Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto, pluripremiato da guide nazionali ed internazionali e dai 3 spicchi Gambero Rosso, Massimiliano è anche docente d’impasti presso Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, In CIbum, Cast alimenti, Città del Gusto Gambero Rosso, Università della Pizza e la Scuola del Molino Quaglia e può annoverare tra i suoi fan il tristellato chef Enrico Crippa, il patron di Slowfood Carlo Petrini e il pizza hero Gabriele Bonci (candidato al sondaggio Personaggio dell'anno di Italia a Tavola - CLICCA QUI PER VOTARE).


Descriviti in tre parole?

«Pazienza, precisione, poesia. Sono le 3 parole che descrivono la mia filosofia, il mio approccio al lavoro, l’equilibrio perfetto tra la lievitazione (pazienza, nel rispetto dei tempi), pasticceria (precisione maniacale ed attenzione ai dettagli) e arte della pizza (che deve regalare emozioni,
leggerezza, gusto… in una parola, poesia)».



Cos'è per te la pizza e cosa dovrebbe rappresentare?

«Da tempo il mondo della pizza ha vissuto una vera e propria rivoluzione e rivalutazione rispetto al passato, quando la si considerava un prodotto di scarsa qualità e a basso costo. Questo grazie al lavoro, allo studio e alla sperimentazione di tanti, che negli anni hanno dato vita ad un nuovo concetto di pizza, che oltre alla bontà racchiude leggerezza, eccellenza e altissima qualità, nelle tecniche e nel prodotto (“poesia”, appunto). 

La pizza è stata il mio primo amore ed il mio primo lavoro, e io sono cresciuto ed evoluto con lei. Oggi mi piace definirmi lievitista più che pizzaiolo, perché è sugli impasti, sulla lievitazione e sulla fermentazione che ho focalizzato i miei studi, le mie sperimentazioni e il mio lavoro quotidiano, spaziando dalla pizza al pane, dalle colombe ai panettoni. 

Anche la definizione del prodotto è cambiata, la mia tipologia di pizza veniva definita “gourmet”, termine un po’ inflazionato, che è poi evoluto in “pizza a degustazione” o “pizza contemporanea”. Ho deciso di cercarne uno che mi calzasse ancor meglio ed è nato “pizza gastronomica”, ma la definizione che preferisco in assoluto è “questa non è una pizza” perché per me la pizza è e deve rappresentare un’esperienza, un’emozione, un susseguirsi di sensazioni, di consistenze, di sapori e di profumi, che coinvolgono i 5 sensi».


Quanto è importante il territorio e gli ingredienti che selezioni per le tue creazioni?

«La stagionalità è il primo aspetto che considero per la stesura del menu, che varia appunto, ogni stagione, così come la carta dei dessert. Anche il km 0 è per noi importantissimo (ma non esclusivo: un esempio su tutti, le acciughe del Mar Cantabrico, ineguagliabili per qualità, gusto, carnosità e bassa sapidità). Creo le proposte fuori menu in base alla disponibilità del mercato, proprio quello di Saluzzo (il Mercato della Terra), scegliendo le primizie direttamente dalle bancarelle di fronte al mio locale di Saluzzo. 

Un altro tema che mi sta particolarmente a cuore è quello dei piccoli produttori artigianali italiani, per me i veri detentori dell’eccellenza e i custodi dell’autentico Made in Italy. Nella prima riapertura post-Covid ho dedicato loro “Orgoglio italiano”, un menu degustazione nato per sostenere queste piccole realtà artigianali, perché le più colpite da questa emergenza, perché più fragili rispetto ai grandi gruppi e perché le più affini al nostro concetto di qualità e alla nostra filosofia di cura ed attenzione ad ogni singolo prodotto».


Qual è il pizza che più ti rappresenta?

«Proprio la protagonista del menu Orgoglio Italiano di cui parlavo nella risposta precedente. Margherita Extravergine. Realizzata solo con ingredienti di piccoli produttori di eccellenze italiane: base croccante realizzata con Farina Petra  0201 (ndr) di grano evolutivo raccolto 2019, guarnita con pomodorino di collina del Vesuvio, ricotta di capra Cascina Badin, pesto di basilico e pistacchi di Bronte. Rispecchia a pieno il nostro pensiero gastronomico, grazie alla leggerezza, al gusto dato dalla naturalità della materia, alla sua potenzialità, profondità e freschezza. 

Tutti questi elementi, uniti per creare il più classico e semplice dei sapori, ma incredibilmente unico, hanno portato ad un risultato goloso di grande equilibrio, praticamente perfetto, tra tutti i gusti. Un tributo all’italianità, alle eccellenze gastronomiche, al Paese dove l’originalità della materia prima non ha eguali al mondo! 

Una su tutte, il Grano Evolutivo, di cui indichiamo l’anno del raccolto, proprio per sottolineare la sua unicità, come avviene per i vini pregiati. Il sistema consiste infatti nel coltivare in uno stesso campo un miscuglio di semi diversi, sempre della stessa varietà (in questo caso di grano tenero) che troveranno sempre il modo per adattarsi alle condizioni climatiche mutevoli, così da creare varietà uniche, che non saranno mai le stesse da un anno all’altro. Un cibo intelligente. Buono per chi lo mangia. Buono per il Pianeta. Buono per l’agricoltore».


In un momento storico come quello che stiamo vivendo, che consiglio ti senti di dare ai giovani emergenti?

«Di guardare dentro se stessi, di chiedersi qual è la loro vocazione, perché davvero questo non è solo un lavoro. Devono domandarsi se davvero sono disposti ai sacrifici, all’impegno ed alle rinunce che questa professione comporta, maggiormente in questo momento terribile per tutta la categoria. Mi confronto quotidianamente con i giovani, come docente, ma anche come titolare con i miei tanti collaboratori, ed investo moltissimo tempo nell’affiancamento. 

Negli ultimi anni c’è stata un’esplosione di food talent televisivi e spettacolarizzazione del ruolo degli chef, fenomeno positivo perché ha riportato l’attenzione dei consumatori su cosa e come si mette nel piatto, ma che ha creato anche falsi miti ed aspettative non reali. La vita di uno chef non è solo partecipazione ad eventi e comparsate Tv, ma anni di studio, gavetta, duro lavoro ed orari massacranti, sempre con le mani in pasta. 

Il mio consiglio è di non dimenticare, quando si inizia questo percorso, che oltre al lato “artistico” - che permette di esprimere la propria creatività con nuovi piatti e ricette - esiste il lato “operativo” che richiede rigore, perseveranza, concentrazione, tenacia e voglia di rimboccarsi le maniche, ogni giorno e non ultimo un’altissima “capacità di reinventarsi”, come abbiamo fatto in questo momento di pandemia, passando da “ristorazione e servizio ai tavoli” alla realizzazione di un e-commerce per la vendita di prodotti lievitati (ad esempio i miei panettoni) e alla revisione della nostra carta delle pizze per le modalità asporto e delivery».


Se potessi regalarti del tempo, come lo spenderesti?


«Una parte con la famiglia, sembra banale forse, ma con il nostro lavoro è davvero difficile dedicare del tempo quotidiano agli affetti, mangiare pranzo o cena insieme o regalarsi un weekend fuori porta è davvero un lusso raro. Nel lockdown ho impastato in casa con mio figlio e cucinato con mia moglie… è stato emozionante. Poi studiare, scoprire, imparare. Lo faccio già, ma se avessi più tempo lo farei ancor di più. Leggo, studio, sperimento nuove tecniche d’impasto, viaggio alla scoperta di nuovi territori e nuovi sapori appena posso».

Per informazioni: www.massimilianoprete.it


Redazione Italia a Tavola
fonte: https://www.italiaatavola.net/professioni/pizzaioli/gusto-digeribilita-struttura-filosofia-del-lievitista-prete/73759/

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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