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Le donne in pasticceria: l’universo dimenticato


"Le donne in pasticceria non sono ancora un movimento, ma sarebbe bello se ciò accadesse. Per lasciare alle colleghe che verranno un punto più avanzato da cui partire e non disperdere l’enorme quantità di energia positiva che il gentil sesso ha espresso in questi anni..."

Non ci si può nascondere dietro un dito: le donne in pasticceria sono una nicchia. Non certo numericamente (circa la metà degli operatori è donna), ma qualitativamente: le donne in pasticceria, intese come imprenditrici, sono molte meno. E sono molte meno anche le donne “che contano” nei laboratori.

Non diversamente da come accade in tutti gli altri settori, quando si tratta di ricoprire ruoli manageriali, non vengono praticamente prese in considerazione. Chi più chi meno, le donne in pasticceria sono state accolte con diffidenza, alcune con scherno, altre sono state addirittura vittima di una vera e propria discriminazione. Ma resistono. Lottano. Vanno dritte per la propria strada e, a volte, ricevono anche enormi soddisfazioni.

Le ultime in ordine di tempo sono Debora Massari, Stella Ricci e Marta Boccanera, elette dagli utenti di The Fork come le donne più influenti della pasticceria italiana. Eccovi quindi, in rigoroso ordine alfabetico, una carrellata di esperienze, di episodi divertenti o imbarazzati: uno spaccato in rosa direttamente dalla voce delle top pastry ladies.


GRAZIA MAZZALI,
titolare della Pasticceria Mazzali e membro dell’Accademia dei Maestri del Lievito Madre




«Ho cominciato a lavorare in pasticceria 30 anni fa, ed ero l’unica donna in provincia di Mantova che frequentava corsi e che svolgeva l’attività di pasticcera. Magari mi trovavo a corsi a cui partecipavano 100 colleghi e io ero l’unica donna, ma non mi faceva un grande effetto. Sono abituata da sempre a stare in mezzo agli uomini. 

Certo che, quando mi trovavo al cospetto di famosissimi maestri, alcuni di loro quasi non mi guardavano in viso. Era come se non esistessi. Non tutti, a dire il vero. Ad alcuni, invece, devo moltissimo come Achille Zoia, Roberto Buelloni e a molti altri che avevano voglia di tramandare la cultura della pasticceria a chiunque, uomini o donne che fossero. Altri hanno cambiato mentalità molti anni dopo, quando non è stato più possibile evitare di tenere in considerazione anche la figura femminile. 

L’episodio più ricorrente, e anche buffo – se vogliamo – capitava però durante le fiere o in occasione di acquisti importanti. Magari io mi presentavo in compagnia di mio marito, che non c’entra nulla con la pasticceria perché è un architetto. Eppure, nessuno si poneva il dubbio: si rivolgevano sempre lui, facevano i preventivi parlando con lui io ero sempre quella che restava in disparte. La cosa ridicola è che, questi personaggi, alla fine dei loro discorsi si aspettavano una risposta da mio marito e lui diceva “guardate che è lei la pasticcera”. A quel punto pensavano di dovermi ripetere le cose, perché proprio non mi avevano considerata. A volte facevano davvero delle figure barbine. 

A dispetto di ciò, io credo fermamente che il contributo che danno le donne alla pasticceria sia importante, perché l’indole femminile è molto, molto più delicata, molto più sensibile; ha delle sfumature e una profondità che – secondo me – gli uomini non avranno mai. Non è per sminuirli: semplicemente vedono le cose da un’angolazione diversa. Io credo che comunque avere una categoria in cui uomini e donne vengano considerati allo stesso modo sia un grande segno di civiltà».


CARMEN VECCHIONE,
contitolare della Pasticceria Dolciarte, Avellino e membro dell’Accademia dei Maestri del Lievito Madre



«Io sono sempre stata molto determinata e ho sempre saputo quello che volevo. Non so dire se ci siano state difficoltà minori da affrontare, sta di fatto che mi sono sempre fatta valere, ma senza mai “urlare”. Nelle situazioni difficili non entro mai a gamba tesa, ma sempre a testa bassa, con calma. Molto spesso ai colleghi maschi occorre tempo prima che capiscano come siamo fatte, ma poi ci accettano. Io, quindi, li ho anticipati e mi sono posta con umiltà nei loro confronti. 

Umiltà, non sottomissione: semplicemente non sono una persona che cerca lo scontro e questo mi ha facilitato nel rapportarmi con gli altri. Non nascondo che ci siano delle difficoltà nel gestire un’azienda, dal momento che sono la capo-operaia e contemporaneamente, anche la titolare, ma quelle maggiori le ho trovate al di fuori della pasticceria, nella società italiana. 

Sono la mamma di due bambini ed entrambi li ho quasi partoriti in laboratorio. Il nostro Paese non è ancora predisposto per tutelare una mamma lavoratrice e, in questo senso, essere la titolare di un’attività non aiuta affatto. Non ci sono strutture che ti aiutino a gestire i figli e, se non hai i nonni a darti una mano, puoi solo affidarti a un asilo nido o a una scuola privata, sempre che te li possa permettere. 

Io sono sempre stata un po’ kamikaze, mi sono sempre buttata nelle mie avventure senza troppo pensare alle conseguenze, ma avendo di mira solo l’obiettivo ed è stato così anche per le mie gravidanze. Ho lavorato fino all’ultimo secondo utile, correndo anche qualche rischio, ma mi rendo conto che non è detto che tutte le donne possano permettersi di fare lo stesso. Prima poi finisce che lo aprirò io un nido per le mie dipendenti. Fortunatamente sono ancora giovani e, per ora, non hanno intenzione di fare figli… ».


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Atenaide Aprone
fonte: https://www.italiangourmet.it/le-donne-in-pasticceria-universo-dimenticato

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