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Otto spicchi di felicità (e convivialità): Simone Padoan a Identità on the road e il senso della pizza contemporanea


Simone Padoan a Identità on the road. Ha raccontato il "senso" della sua pizza contemporanea e alcuni segreti della sua realizzazione.

C'è un sempre senso alle cose, nell'universo pensato e riflessivo di Simone Padoan. Lui è uno che non perde le redini, ovvero: sa quello che vuole, è dritto e roccioso, determinato, consapevole persino dei limiti o della mancanza di limiti, a seconda delle situazioni.
Paolo Marchi gli chiede, durante la tappa di Identità on the road a I Tigli di San Bonifacio (Verona): «Tu hai messo sulle tue pizze persino un piccione, peraltro uno dei migliori che abbia mai mangiato. Ma c'è qualche ingrediente che proprio non funziona come topping? Che non ti soddisfa, o che è tecnicamente inefficace?».

La risposta del pizzaiolo: «I limiti sono solo nella nostra testa. Certo, non si può mettere una zuppa su una pizza. Ma anche questo è vero solo in parte, basta cambiarle texture, infatti noi facciamo la pizza Come una zuppa di mare (focaccia al mais e semi di girasole, ricotta di bufala, alga al cavolo nero, cozze, vongole e fasolari, ndr). Se poi un tentativo nuovo non mi riesce alle prime prove, lascio perdere, prendo la mountain bike e pedalo qualche decina di chilometri. Durante il tragitto penso e ripenso, poi ci riprovo. Le idee migliori che ho avuto sono sempre venute così».

La fatica come elemento necessario al lavoro - quasi funzionale, dunque inseguito -, un'ottica che si avvicina al calvinismo. Marchi porta Padoan agli inizi: nono di nove figli, umile famiglia contadina. Lì, inaspettatamente, si ritrova la genesi dello spirito che anima la pizza contemporanea. Racconta Simone:

«Ho sempre amato la tavola, penso a quella di casa mia quando ero piccolo, si era minimo in 14 o 15 persone. Era un momento di fraternità dopo la fatica del lavoro o dello studio, dunque diventava convivio e scambio. Volevo riportare questa atmosfera di condivisione anche nella mia pizzeria, in un momento in cui la pizza era vista invece quasi come un cibo da fast food, da mangiare velocemente, senza curarsi di cosa si stesse mangiando e delle persone con i quali si pasteggiava. E allora ho deciso di “rallentare” o meglio "far rallentare": otto spicchi da assaporare insieme, le pizze che arrivano in successione. Ho voluto dar peso allo scambio, al gustare più lentamente, al creare un percorso. Ci si regala del tempo. Il momento della pizza è tornato a essere quello in cui si sta tra amici o parenti». Inoltre il taglio a spicchi ha anche una funzione "tecnica": «Così dai lati esce il vapore in eccesso e l'impasto rimane croccante».

Padoan aveva iniziato a impastare quando aveva sei anni.

«Tanti ricordi: da piccolo era un gioco, ora cerco di portarlo avanti come tale. Voglio che sia divertente, altrimenti ci si annoia. Invece deve dare gioia». L’inizio del cambiamento - e dunque la nascita della pizza contemporanea - è da collocarsi tra il 1999 e il 2000 (qui abbiamo raccontato tutta la storia: I 20 anni che cambiarono la pizza), «il mio abito mi andava stretto, già mi scostavo dall’immaginario tradizionale di pizza, cercavo però qualcosa di più adeguato. Non pretendevo di fare chissà cosa, ma di applicare anche un senso estetico a quello che proponevo. Volevo qualcosa di bello e di conseguenza buono. La mia famiglia è stata la prima a credere in me e in questo progetto».

Una svolta che però all'esterno è stata accolta dallo scetticismo generale. Chiede Marchi: «Ti avrebbero capito prima, o di più, se tu fossi nato a Napoli?».

La risposta: «Mah, non ci ho mai pensato. Ma il problema non si pone: questo è il mio territorio, qui sono le radici che ho voluto rappresentare con le mie creazioni. Io volevo fare qualcosa che avesse il mio medesimo accento, quello veneto. Sulle prime trovai molta ostilità perché proponevo qualcosa di strano, che andava fuori dagli schemi... Le novità sono così, incontrano sempre diffidenza. Poi poco a poco si è iniziato a capire. A un certo punto - ero a un incontro formativo con tanti altri colleghi - ho sentito bisbigliare: “Ah, ma Simone è proprio un bravo pizzaiolo”. E ho capito di essere stato accettato».

A Identità on the road Padoan ha presentato tre pizze, svelando alcuni segreti di alcune realizzazioni oramai classiche (iscriviti qui per poter seguire la masterclass), si tratta della Crudo e burrata («La più semplice, la più imitata», con impasto all'orzo); della Datterino e bufala, con impasto coi semi; della Polenta e bacalà, identitaria, la base al mais, all'esterno dell'impasto semi di girasole e mais estruso per dare croccantezza e «una sensazione quasi di popcorn» (tanti gli accorgimenti per il bacalà; vi rimandiamo alla lezione).

E spazio è stato dedicato anche a I Tigli a casa, ossia il delivery in tutt'Italia delle pizze di Padoan (noi ne avevamo già parlato anche qui: Abbiamo assaggiato a casa nostra le pizze di Simone Padoan. E sono buonissime).

Spiega lui: «Abbiamo sfruttato il primo lockdown per finalizzare un progetto che già avevamo approntato, ma che non era mai stato sviluppato per mancanza di tempo. Già nel nostro lavoro quotidiano avevamo introdotto l’idea di aver tutto porzionato, sottovuoto, per gestire la linea, consentire di utilizzare la materia prima senza sprechi e amministrare il magazzino. Questo è stato il passo ulteriore». 

Come sta andando I Tigli a casa?

«Il riscontro è bellissimo. La frase più bella che mi è stata detta: "Per un attimo abbiamo rivissuto la sensazione di essere lì con voi". È ciò che volevamo». 


Carlo Passera
fonte: https://www.identitagolose.it/sito/it/417/27281/ig2020-on-the-road/otto-spicchi-di-felicit-e-convivialit-simone-padoan-a-identit-on-the-road-e-il-senso-della-pizza-contemporanea.html?p=0

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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