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Assenza lo svedese


Corrado Assenza è un pioniere. Precorse i tempi quando stabilì la necessità di far dialogare mondo sapido e universo dolce, prima che lo mettesse nero su bianco Ferran Adrià...
 

O quando immerse un cucchiaio di miele nell’acqua di cottura della pasta. 

Era il gennaio 2005 e quel gesto, semplice solo all’apparenza, spinse Paolo Marchi ad aggiungere un secondo genitivo alla headline di Identità Golose: congresso italiano di cucina d’autore e di pasticceria.

Chissà se tra 11 anni guarderemo alla trasferta svedese del pasticciere siciliano come a una piccola, nuova pietra miliare, capace di separare un prima da un dopo.

Da lunedì scorso Assenza è coi figli Francesco e Federica e la moglie Nives a Stoccolma, a lavorare sodo a uno dei 1.300 eventi della Settimana della cucina italiana.

In poche ore ha dissertato in pubblico di capperi e pecorini, cucinato in ristoranti da battaglia, tenuto lezioni in istituti di cultura, dialogato con cuochi fine dining sulle insospettabili affinità tra Sud e Nord, vivisezionato le peculiarità del miele a colleghi e produttori. E martedì prossimo si appresta a preparare da capo a piedi (9 corse) una cena di gala all’Ambasciata italiana.

Il programma della settimana gliel’ha confezionato l’amica Johanna Ekmark, una reporter svedese innamorata del nostro paese, ben consapevole delle nostre litigiosità ma anche «Dell’impareggiabile valore di quegli artigiani, non solo del cibo, che s’affaticano in silenzio e spesso anche gratis. Noi abbiamo un dovere: raccontare le loro storie».

Lei lo fa attraverso Caffè Italia, una collezione di storie belle che ha proprio in Assenza il più importante dei collaboratori.

«Corrado, ha senso quello che stiamo facendo?», rimaneva sospesa nell’aria la sua domanda preoccupata, mentre fuori affievolivano le poche ore di luce dell’inverno nordico.

«Come possiamo spiegare il senso del tuo lavoro a queste persone?». Ci sono, in effetti, una serie di distanze che è bene misurare quando ci si prepara a una trasferta culturale, migliaia di chilometri oltre i nostri confini.

Non si può atterrare con la spocchia di imporre il proprio sapere e i propri sapori. Occorre rispetto e disponibilità al confronto e all’ascolto. E c'è bisogno di tanta pazienza per superare gli ostacoli messi di traverso da improbabili sedi diplomatiche.

Scopriamo che a Stoccolma la pizza preferita è con ananas, curry e banana. Che il pecorino fresco, primo sale, non è nemmeno intercettato dai palati locali: qui vale solo quello iperstagionato, a pasta dura come il marmo. Che spaghetti e risotti non può nemmeno proporli perché manca l’abc, cancellato dal monoteismo del main course. E se il nostro cuoco chiederà ai cuochi di Stoccolma di spadellare le verdure, loro lo faranno col burro e non con l’olio extravergine d’oliva. Sacrilegio? Sì, l’importante è spiegare con pazienza che un cavolfiore bruciato guasta irrimediabilmente l’insieme.

La calma di Assenza era olimpica mentre preparava il laborioso merluzzo, marinato per due ore nel miele di fiori d’arancio, timo e salvia, cotto in bassa temperatura e poi servito con capperi, cavolfiori (appunto) e una crema di mandorle e zucca gialla (senza burro nè olio) che vorremmo sempre avere accanto nei giorni di malinconia.

Ne ha preparati 80 in poche ore, trascinando su e giù per la sala un carrello e rifinendo la pietanza direttamente al tavolo.

Succedeva allo Sturehof, macchina da guerra capitolina da 500 coperti non stop tra colazione e cena. Alla fine c’era gente che inseguiva il pasticciere da un lato all’altro dell’affollata sala per dirgli amazing!

Il bis il giorno dopo all’Istituto italiano di cultura, disegnato da Gio Ponti nel 1958. Corrado ha distribuito una serie di favolosi micro-assaggi (ah, quelle pesche sciroppate) alla fine di un’affollata conferenza con Caffè Italia dalla quale abbiamo estratto una frase che non siamo mai stanchi di appuntarci: «il cibo è cultura».

Un’equazione che acquistava ancora più valore recitata su un palco che, in quasi 60 anni, ha visto salire premi Nobel per la letteratura come Salvatore Quasimodo ed Eugenio Montale e registi come Pier Paolo Pasolini e Ingmar Bergman.

Conquistate platee insolite, Assenza è tornato a dialogare con chi intende la sua stessa lingua: Mathias Dahlgren, 3 stelle in 2 ristoranti uno accanto all’altro, Matbaren (1) e Matsalen (2).

Tra rivelazioni sullo zafferano del Gotland e le proprietà della ricotta del val di Noto, ci siamo segnati queste due frasi: «Voi italiani mettete poco sale nel pane perché caricate di sale il companatico; noi svedesi facciamo l’opposto».

Oppure: «Non esistono solo gli alimenti normali e quelli biologici. Esiste solo il buono e il cattivo». Una verità universale, sulla quale possiamo intenderci a ogni latitudine.

«E' la dimostrazione», riassume Assenza, «che, stelle o non stelle, Italia o Svezia, abbiamo tutti voglia di godere delle piccole gioie quotidiane del cibo di qualità». Il mattone su cui costruire i confronti degli anni a venire.


Gabriele Zanatta
fonte: http://www.identitagolose.it/sito/it/98/15650/zanattamente-buono/assenza-lo-svedese.html?p=0

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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