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I Dolci Namura: naturalmente bio


A Milano, la pasticceria guidata da Daniele Torresani svela la sua anima profondamente vitale, originale e biologica. Fra golosità capaci di rispettare salute, intolleranze ed eventuali scelte etiche.

“Da piccolo dormivo sui sacchi di farina”. Del resto, con un padre pasticcere non avrebbe potuto fare altrimenti Daniele Torresani: classe 1964, nato a Monza e cresciuto nel laboratorio di papà Vittorio. Che, a metà degli anni Cinquanta, apre una pasticceria nella milanese via Carlo Dolci (un segno del destino): I Dolci, per l’appunto. E fra i dolci Daniele diventa grande.

“Ammetto, non avevo voglia di studiare. E allora ho iniziato a lavorare”. Anche in una pasticceria di Novate Milanese, rubando ricette e segreti qua e là. “Sai, una volta nessuno ti insegnava nulla”. E lui ha imparato da solo, piano piano, passo dopo passo. Appassionandosi alla materia.

Fino alla svolta. Dopo essere tornato a metter le mani in pasta nell’insegna di famiglia. “A un certo punto ho sentito il bisogno di allargarmi. Desideravo una pasticceria con annessa caffetteria”. E Daniele trova gli spazi che fanno per lui: in via Castelvetro. “Il ristorante libanese Namura voleva vendere. E noi volevamo ingrandirci”. Detto, fatto. Nasce così I Dolci Namura. Per non dimenticare la propria natura e non perdere l'identità del luogo. Che era pure bio. E bio è rimasto.

Sì, quella di Torresani è un pasticceria dal marcato stampo biologico. Per scelta, non per moda. A partire dalle farine: quelle bio, firmate Petra. Il che significa la 1110, la 1111 e la 1119. Rispettivamente la tipo “0”, la tipo “1” e l’integrale di Molino Quaglia.

Per poi passare alle uova di Claudio Olivero (nella cuneese Monasterolo di Savigliano) e al burro di Hombre, fattoria total organic nella campagna modenese. Per garantire la massima qualità, valorizzando realtà agricole sensibili alla terra, all’ambiente e al benessere degli animali. Che poi si trasforma in salute per il consumatore.

Golosità forse poco appariscenti quelle di Torresani, ma indubbiamente sane e iper artigianali. Pronte a sfilare nella vetrina di uno spazio dall’aura piacevolmente d’antan. Ecco allora i  ventaglietti di sfoglia, le barchette, le lingue di gatto, i biscotti a scacchi, i diamanti e i baci di dama black or white.

Da mangiare a colazione o a merenda, con il tè. “Ogni biscotto ha il suo impasto dedicato”, precisa il pastry chef, che fa parte dell’esclusivo circuito dei Petra Selected Partners. E poi ci sono i cannoncini (nelle taglie small e maxi), i bignè alla crema, al cioccolato e allo zabaione, nonché i nocciolati, a basso indice glicemico, grazie allo zucchero di cocco integrale bio. Naturalmente.

“Qui vendiamo più torte da forno che con la panna”, ammette Daniele. Che alla setosità delle glasse patinate preferisce la ruvidità e la rusticità di muffin, frolle e frangipane. Alle pere e cioccolato, al caffè, al limone e alla zucca e marron glacé. E ancora, biscuit con gelatina di lamponi, ganache montata al cioccolato bianco Ivoire di Valrhona e mandorle;

oppure biscuit alla crema chantilly e gocce di cioccolato, ottenute frullando il Caraïbe. Non trascurando i fagottini alle mele (saltate in rum e zucchero) e la frolla alle mele: ridotte a cubetti e unite a briciole di pan di spagna e crema royal. Per poi finire con un crumble di pasta di mandorle. Anche se il pasticcino cult di Daniele rimane lui: il “Sesto Senso”. “Un mio lampo di genio”, confessa il pasticcere. Che prepara una frolla con Petra 1111, per poi arricchire il tutto con ganache al Caraïbe, lampone e mousse al cioccolato al latte (d’alta montagna) Orizaba di Valrhona.

E le brioche? Ci sono, eccome. Messe a punto con un lievito madre di circa settant’anni, ereditato dal padre. Brioche proposte con le confetture di albicocche (cultivar San Francesco) e frutti di bosco, nonché in versione integrale (al miele d’acacia) e in declinazione vegana. A conferma dell’attenzione allo star bene, rispettando eventuali scelte etiche o intolleranze.

E il burro? In tal caso è fatto in casa. Seguendo una ricetta che elegge burro di cacao, olio extravergine, sciroppo di acqua e zucchero e un pizzico di sale. Un green butter che diviene pure complice del panettone (o dalla colomba) veg. Insieme a farina di farro monococco bio Petra, sciroppo di agave, uvetta, arancia e cedro canditi. Nonché della torta veg "Rubino", summa di crumble vegano al cioccolato, gelatina di lamponi, mousse al cioccolato fondente e panna vegana.  

Un “burro” vegetale, utilizzato anche nella creazione dei waffle salati. Certo. “Perché la pasticceria si evolve, diventando un luogo frequentato nell’arco di tutta la giornata”, precisa l’artigiano.

Dunque, ecco i waffle, realizzati con la 1111 di Petra, aggiungendo farina di semi di lino, sale, latte di riso e mandorle e semi croccanti (sesamo, zucca, lino e papavero). Per poi farcire il tutto con rucola, salmone e crème fraîche; con prosciutto crudo e mozzarella; oppure con rucola, pomodoro e confettura di cipolle rosse di Tropea. Per un veggy waffle. Perfetto per un pranzo leggero, per uno spuntino o per un aperitivo. Insieme a brioche, a sfogliette salate e a hot dog dal pane homemade.

Mamma Anna intanto sta al bancone. E il fratello Andrea fa da frontman. Preparando spremute di melagrana, smoothie alla frutta, cappuccini matcha e sprizt. Utilizzando le “Merlettaie Brut” della marchigiana Ciù Ciù. Un pecorino bio (e vegan) che ben si abbina al liquore St. Germain (a base di fiori di sambuco) o agli sciroppi Monin ai litchi, passion fruit, bergamotto e rosa.

Una pasticceria che non teme di allinearsi con le esigenze del presente I Dolci Namura. E che non ha neppur paura di scendere in strada, grazie al super attrezzato food truck ApeNamura. Per far volare la bio filosofia.


Cristina Viggè
fonte: http://www.fuorimagazine.it/blog/shooting/?permalink=i-dolci-namura-naturalmente-bio

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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