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RASSEGNA STAMPA WEB
come e dove Petra arriva in tavola
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In Romagna la proposta romana di Marco Farabegoli


«Volevamo fare qualcosa di nuovo, di diverso dalla solita pizza che si mangiava dalle mie parti, alta, soffice e spugnosa» racconta Marco Farabegoli, classe 1973, nel raccontare la nascita della pizzeria Da Neo “numero uno”, tuttora esistente a Cesena e gestita dalla sua famiglia.

I Farbegoli erano e sono noti in città, «io iniziai a lavorare a 18 anni come macellaio, perché avevamo un negozio di alimentari e poi tre macellerie in società con altri».

Nel 1993 la prima svolta: si decide di chiudere il negozio e, appunto, aprire una pizzeria di diversa concezione, tra lo stadio e l’ospedale. «Un’amica ci consigliò di rivolgerci ad Angelo Iezzi, storico pizzaiolo e primo promotore della pizza in teglia alla romana. Ci dischiuse un mondo e decidemmo di fare nostro quello stile».

Seconda svolta nel 2009, quando Marco Farabegoli decide di staccarsi dalla famiglia e mettersi in proprio, aprendo il proprio locale a Gambettola, a 10 chilometri dall’altro (via del Lavoro 1, tel. +39.0547.653833). L’insegna? “Pizza Da Neo", perché il nome del padre – Neo appunto – in zona è un marchio celebre fin dai tempi del negozio di alimentari, con una storia trentennale, il SuperConad Da Neo.

Il Da Neo “numero due” si caratterizza per un tipo di pizza simile, «ma ancor più attenzione alla qualità. Non che a Cesena i miei usino cattivi ingredienti, tutt’altro. Ma io scelgo solo le assolute eccellenze», una svolta gourmet seguita all’incontro di Farabegoli con Renato Bosco, «l’ho conosciuto circa dieci anni fa, quando era meno celebre di adesso.  Furono quelli di Molino Quaglia a metterci in contatto, perché avevo voglia di confrontarmi con qualcuno che avesse qualcosa da insegnarmi». Missione compiuta: da lì in avanti è sempre stato un progredire sul fronte della ricerca.

Oggi alla pizza Da Neo di Gambettola Farbegoli propone un impasto di Petra 1 miscelata al 5-10% con Petra 9, «faccio la biga e non uso il lievito madre, penso che una pizza in teglia alla romana non ne abbia bisogno». La lievitazione è attorno alle 36 ore, poi forno elettrico.

La sfida è proporre questa pizza diversa in una cittadina di 13mila abitanti «e 14 pizzerie tradizionali. Non è sempre facile, anche perché non scendo a compromessi sul topping. Per dire, certo non ci metto le patatine fritte».

Piuttosto, il meglio che trova sul mercato, seguendo la stagionalità, «e anche se i pomodori, ad esempio, li uso sempre, ho cura di comprare quelli siciliani invece degli spagnoli».

La proposta del condimento è allettante e cambia continuamente: Verza cotta, semi di senape e pancetta di Praga croccante, oppure Broccoletti saltati con peperoncino, salsiccia e mozzarella «una variante tipica romana».


Carlo Passera
fonte: 
http://newsletter.identitagolose.it/email.php?id=632

Foto da archivio Petra (ndr)

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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