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La favola della Margherita in 3D


6 anni fa, per accontentare i clienti senza snaturare l'offerta, Scaglione si è inventato l'impasto a trifoglio. E successo fu

«Io la voglio coi pomodori del piennolo». «A me con la pachetella per favore». «Io solo fior di latte». «Per me formaggio di bufala, grazie».

Enosteria Lipen, un giorno non meglio precisato del 2012. Il pizzaiolo titolare Corrado Scaglione si vede recapitare alla sua postazione d’impasto richieste inconciliabili di Margherita. «Ma mica posso fare i mischioni che mi chiedono loro», s’indispettisce. In cuor suo, sa però che deve provare ad accontentare tutti: «Devo assolutamente trovare il modo di presentare più margherite in un colpo solo». E inizia a studiare.

Il compito è arduo: «Non posso fare una pizza modello 'gourmet', cioè divisa in 3 spicchi separati», si arrovella, «perché in quelle pizze c’è sempre un passaggio di rigenerazione: preparano la base prima e aggiungono i condimenti dopo. Ma io faccio pizza napoletana, cioè espressa al 100%, non posso e non voglio snaturare questo concetto».

Allora si mette a fare prove, modellando il cornicione come barriera tra un quadrante e l’altro. Inizialmente aggiunge al normale impasto tondo ulteriori pezzi di cornicione. Crea tre piccole circonferenze concentriche. Esperimento fallito: «Mi sono reso conto che non posso mica chiedere ai clienti di mangiare tutto quel cornicione».

Allora comincia a incurvare le traiettorie del cornicione della circonferenza verso l’interno, senza aggiungerne dell’altro. Lo tira a ore 4, ore 8 e ore 12 fino a formare una sorta di trifoglio, un triangolo tipo logo della Mercedes. Eureka: «Ora sì che possiamo ragionare su una pizza divisa perfettamente in 3!», s’illumina.

Definita la farina più adatta («La scelta è caduta sulla Special 0 del Molino Quaglia, valore medio di panificazione attorno ai 300», precisa tecnico Scaglione), occorre pensare ai topping di ciascuno dei 3 quadranti ben divisi, da calibrare nella giusta combinazione organolettica tra pomodoro e formaggio.

Dopo una serie di prove, arriva alla sintesi perfetta: nel primo cerchio associa la soave pacchetella al nerbo di un fior di latte; nel secondo il piennolo del Vesuvio, minerale e dalla buccia spessa, a bilanciarsi con l’acidità della mozzarella di bufala; nel terzo un pungente pomodoro giallo, fatto confit a una mozzarella di bufala, questa volta affumicata e leggermente amara. Un triplo assaggio, da condurre nell’ordine elencato.

Boom! Nel giro di 6 anni, la gente vince la comprensibile ritrosia verso quella forma inedita («sacrilegio!, mi dicevano all’inizio») e oggi la Margherita in 3D è stabilmente assestata nella top 3 delle pizze più vendute da Lipen: «Ne faccio una media di 30 al giorno, 400 al mese. Vendono di più solo la Margherita con fior di latte e quella con bufala». Ma perché chiederne una quando è possibile ordinarne tre?


Gabriele Zanatta
fonte: https://www.identitagolose.it/sito/it/209/20985/mondo-pizza/la-favola-della-margherita-in-3d.html?p=0

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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