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RASSEGNA STAMPA WEB
come e dove Petra arriva in tavola
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Sotto il segno di Petra Evolutiva


Unici si nasce. A convivere s’impara. Lo sanno persino le spighe di grano. Che in Sicilia hanno trovato la loro casa. Anzi, il loro campo (vicino a Catania)...

Dove acclimatarsi, nutrirsi e crescere. Per poi finire nello stesso sacco.

Una storia di passione e di visione contemporanea della legge darwiniana quella di Petra Evolutiva: una farina esclusiva, figlia di un miscuglio di circa duemila varietà di semi - provenienti da Algeria, Giordania, Iran ed Eritrea - che hanno rivelato una spiccata propensione ad ambientarsi sulla bella isola. E lì a svilupparsi, seguendo il regime biologico e ascoltando il clima.

Sì, perché a determinare la qualità di un grano non è solo la terra. E neppure solo la tecnica di coltivazione dell’agricoltore. Sono pure la natura e le condizioni climatiche, che variano di anno in anno, dalla semina alla mietitura.

Selezione climatica insomma. A dare più valore al grano italiano. In particolare alla popolazione di grano tenero evolutivo. Da cui nasce Petra Evolutiva, la farina simbolo di diversità. Ambasciatrice di profondi valori etici e sociali, che affondano le radici nell’autentica saggezza rurale isolana.

Una farina illuminata, nata dalla felice alleanza fra Simenza - cumpagnìa siciliana sementi contadine e i mugnai dell’estense Molino Quaglia. Pronti a garantire il meglio della tecnologia, della pulizia, della selezione ottica e della macinazione. E pronti pure ad assicurare una colta e corretta trasformazione dei grani originari in materia lavorabile, perfettamente in linea con le esigenze e le tecniche d’impasto degli artigiani di oggi. Della serie, nord e sud uniti nella stessa mission: far focus sulla ricchezza della differenza, nel segno della massima unicità di prodotto.

Da un campo di grano evolutivo si possono cogliere alcune analogie con la nostra società. Dove spesso la diversità fa paura. Quando invece non è un errore o un orrore, bensì un’occasione di cambiamento ed evoluzione. Che non si presenterebbe se fossimo tutti uguali”, ricorda Giuseppe Li Rosi.

Un custode dei semi, alla presidenza di Simenza, associazione culturale fatta di agricoltori, allevatori, fornai, pastai, ricercatori, tecnici e food blogger. “Siamo diversi. E ognuno di noi ha il suo ruolo e la sua funzione da portare avanti. Perché a ciascuno sono stati assegnati dei doni, che sono i talenti da mettere in atto. Senza aver invidia alcuna l’uno dell’altro”.

Un messaggio importante quello di Li Rosi. Da difendere, diffondere e condividere. Anche creando e assaporando pizze con Petra Evolutiva. Com’è già accaduto a Palermo, da Bioesserì, il locale, guidato da Vittorio e Saverio Borgia, che conta anche un “fratello” milanese, nel cuore di Brera.

Un appuntamento che ha voluto accendere i riflettori sul grano evolutivo, eleggendo a protagonisti i resident chef di Bioesserì Fabio La Barbera e Alessio Marchese; nonché Corrado Scaglione, Petra Selected Partner e patron dell’Enosteria Lipen di Canonica Lambro, in Brianza. Ancora una volta, un incontro ravvicinato fra settentrione e meridione.

Incipit, dunque, con il cannolo di pasta fritta, ripieno di tartare di ombrina - impreziosita da olio, sale e pepe - su salsa verde al prezzemolo, basilico e limone. Giusto a far da condimento al pesce. Una ricetta di Scaglione, “bioesserizzata” per l’occasione. In abbinamento? Il Viognier bio by Baglio di Pianetto, cantina di Santa Cristina Gela, nel Palermitano.

Un organic wine dalla buona mineralità. Perfetto anche per accompagnare la verace mediterraneità della pizza “Eoliana”. Alla base, Petra Evolutiva e acqua di pomodoro. Al top: pomodoro pelato local, olive nere, filetti di alici siciliane e capperi di Salina. Una pizza griffata La Barbera-Marchese, fra profumo di sale, di sole e di mare.

A Corrado invece il compito di trasformare l’emozione in “Sensazione”. Una fuoriclasse, preparata con la Special di Molino Quagliae poi condita con mozzarella di bufala campana, pomodoro del piennolo del Vesuvio, basilico, lardo, cipolle fritte e aneto. Nel calice, il Frappato biologico, sempre del Baglio di Pianetto, ma proveniente dai vigneti della tenuta Baroni, a Noto, nel Siracusano.

Un vino intensamente rubino e armonioso, dalla freschezza prorompente e dagli accenni floreali e fruttati di rosa, marasca e susina. Ideale per esaltare una pizza-icona del connubio fra nord e sud, grazie all’impasto “evolutivo” e grazie a una farcitura orgogliosa di inanellare fiordilatte, tenerumi saltati in padella, pane fritto e gorgonzola. Lombardia e Sicilia, tutto in uno. A rinnovare l’assoluta armonia nella differenza.

Infine il dessert: brioche siciliana (quella tonda, col tuppo) ripiena di crema chantilly e corredata di nespole e cioccolato. Una dolce sinfonia firmata da Fabio e Alessio. Che incontra il “Ra’Is Essenza”, sempre del baglio siciliano e sempre dalle vigne che osservano il mare di Marzamemi. Un nettare dorato, fresco e dalla grande personalità, ottenuto da uve moscato e intitolato a quello che era il capo indiscusso della tonnara. Un vino di razza, emblema della tradizione marinara, della cultura e della solarità isolane.  

Il grido si è alzato da Palermo. Non resta che coglierne l’eco. E far risuonare la voce che dà forza alla campagna e alla sapienza indigena, traducendo la diversità in virtù.


Cristina Viggè
fonte: http://www.fuorimagazine.it/blog/shooting/?permalink=sotto-il-segno-di-petra-evolutiva

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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