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Colpo di fulmine per la pizza: la storia degli Sciarrino al Cagliostro di Palermo


In Corso Vittorio si illuminano le vetrine di Cagliostro, ristorante-pizzeria dei fratelli Sciarrino, dove è possibile degustare una delle pizze contemporanee più interessanti del capoluogo siciliano...

«Cagliostro nasce nel 1981 – racconta Danilo Sciarrino, classe 1985, responsabile dell’accoglienza – ma è stato rilevato dalla mia famiglia nel 2004. Ci occupiamo di ristorazione da tre generazioni, mio nonno cucinava nelle navi e mio padre Giuseppe oggi ci dà una mano e consigli sempre utili nella gestione del locale. Lo chef, mio fratello Ruggero, classe 1982, propone una cucina contemporanea e di territorio rivisitando la tradizione. Sulla pizza, da un paio d’anni, con attenzione particolare e appassionata, abbiamo virato su un’offerta d’eccellenza, con tanti riscontri positivi di critica e di pubblico».

Marco Sciarrino, pizzachef classe 1993, è il fratello più piccolo, frequenta cucine di ristorante da quando aveva dodici anni e aiutava suo padre nella spesa e nelle preparazioni. La passione per il mondo dei lievitati nasce quattro anni dopo, quando diventa aiutante pizzaiolo al fianco di suo zio.

«Ero affascinato dal modo in cui cambiavano i risultati dell’impasto in base alle tante variabili di farina, lievito, acqua, umidità. Un rompicapo a cui cercare una soluzione per garantire sempre una pizza eccellente e di qualità».

Cagliostro è stato esclusivamente ristorante fino al 2015, anno in cui Marco accende il forno e, mano alla pala, propone la sua prima pizza.

«La nostra idea iniziale è stata quella di una pizza napoletana classica, di farina 00, idratazione al 60%, larga più del piatto, con una cottura rapidissima, in forno restava meno di 70 secondi».

Il cambio di tendenza avviene nel 2020 con la scoperta della gamma di farine Petra Molino Quaglia e, dopo varie sperimentazioni, Sciarrino trova la sua terra promessa.

«Oggi il mio impasto è un blend di tre farine: tipo 0 Unica, tipo 1 PetraViva parzialmente di grano germogliato e Più Snella con farro integrale, soia e crusca tostati». E aggiunge una curiosità tecnica: «Mi piace definire la mia pizza “a doppia cottura”, perché, appena inforno, provoco uno shock termico nella profondità del forno per ricercare una maculatura leggera, che non sia fastidiosa al palato e che trattenga gli zuccheri senza farli “esplodere” tutti in cottura, poi vado a definirla a bocca di forno dove la faccio asciugare».

Un’idratazione al 72%, 30 ore di lievitazione, la temperatura di cottura 470° C, sosta in forno per due minuti e mezzo circa, per un prodotto morbido, fragrante, profumato e dall’impasto saporito.

Una trentina le pizze in carta divise tra Old Style, Intramontabili, Capsule Collection e, nuova sezione, Soft Collection, selezione di quattro pizze al padellino tra cui Tra i mercati di Palermo, rivisitazione dello sfincione palermitano e Tra Piemonte e Francia con caviale e fassona.


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Davide Visiello
fonte: https://www.identitagolose.it/ermes/newsletter/?id=511

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