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I cantucci senesi di Simone Salerno


«Sono dell’Istrice. Come del resto lo era mamma Roberta», dichiara fiero Simone Salerno. Che, a dispetto del cognome, è nato a Siena nel 1984...

E' cresciuto intorno a Porta Camollia, il baluardo della Contrada Sovrana vestita di bianco, nero, rosso e blu; e vive e lavora a Gassino Torinese. Dove, con la moglie Alessandra, ha aperto la boutique Chocolat.

«Avremmo voluto chiamarla Xocoatl, con riferimento alla bevanda azteca. Ma era un nome troppo difficile da pronunciare. Specialmente per un senese come me. Così abbiamo optato per Chocolat. Facile da dire e ricordare. Per via del celebre film con Juliette Binoche e Johnny Depp. A maggio la nostra insegna compirà tre anni», spiega Simone. Che inizialmente aveva inaugurato la pasticceria a Siena.

«Ma a un certo punto ho sentito il bisogno di mettermi in discussione, andando in un territorio stimolante come il Piemonte. Anche su consiglio dello chef Pancrazio Calamello. Colui che, pur tenendomi sotto la sua ala, mi ha sempre esortato a superare con coraggio i miei limiti».

Sì, perché il giovane senese non è nato pasticcere.

«Dopo le medie ho smesso di andare a scuola. Non amavo stare dietro un banco. Anche se alla fine sono tornato dietro un bancone. Poi ho aiutato il mio babbo Andrea in carrozzeria, fino a quando ho incontrato Pancrazio e sono andato a lavorare al ristorante da lui. In principio pulivo il magazzino, poi sono passato a lavar pentole e verdure», racconta il giovane artigiano. Che presto viene attratto dal cioccolato.

E allora? Via che si parte per la Sardegna. Obiettivo: imparare il mestiere da Gianluca Aresu. Il resto? Lo hanno fatto il talento, corsi su corsi e tanta esperienza. Complice un’innata sensibilità. A cui si aggiunge una certa inclinazione alla solidarietà. Che, in tempo di emergenza Covid, si è tradotta in una lodevole iniziativa: portare un po’ di dolcezza ai presidi medici regionali. Lanciando l’hashtag #aiutiamochiciaiuta.

«Hanno aderito una sessantina di pasticcerie», precisa felice lui. Che, intanto prepara i Cantucci. «Sono quelli che faceva mamma Roberta. Con le mie dovute modifiche». Biscotti dall’anima toscanissima. Ma capaci di unire l’Italia... «Basta metterci le mandorle di Bari, i pistacchi siciliani o le nocciole piemontesi».


Leggi qui la ricetta dei Cantucci>


Cristina Vigge
fonte: 
https://www.identitagolose.it/news/?id=285


Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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