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RASSEGNA STAMPA WEB
come e dove Petra arriva in tavola
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Orazio Bosa e l’ars poetica dei lievitati


Un’autenticità solida e radicata, cui concorre il nome del padre, mantenuto nell’insegna: Pasticceria Bosa Mario

«Cominciamo a produrla appena concluso il Carnevale. E continuiamo fino a Pasqua. Piace moltissimo, perché lei è semplice, perfetta anche da inzuppare nel latte», racconta Orazio Bosa, descrivendo la sua dolce Focaccia Veneta. Pura e profumata. Figlia del lievito madre e di uova, burro e farina. La Petra 6390, quella per la sfoglia.

«Mi garantisce un ottimo sviluppo. E poi è delicata», precisa Orazio: annata 1967, natali a Bassano del Grappa, pasticcere da sempre. O almeno, da quegli anni Ottanta vissuti al fianco di papà Mario, nel laboratorio della pasticceria aperta nel 1973 a Casoni di Mussolente, nel Vicentino.

«Papà mi ha passato un’eredità importante. Trasmettendomi la passione per il buono e per il sano. Il che significa zero chimica, zero coloranti, zero conservanti. Il sapore è dato solo dalla materia prima di qualità», continua l’artigiano. Che concentra nella deliziosa focaccia la sua filosofia, nutrita dalla verità. Un’autenticità solida e radicata, cui concorre il nome del padre, mantenuto nell’insegna: Pasticceria Bosa Mario.

Intanto? Orazio pensa alla Colomba e frigge - in olio di semi di arachide - Crostoli e Frittelle.

«L’altro giorno mi sono emozionato. Avevo la fila fuori. Le frittelle le faccio sia maxi sia mignon. Quelle grandi le riempiamo, sempre al momento, con crema o zabaione. Le altre, più piccine, sono ideali anche vuote. Le preparo con la farina Petra 6379. Che uso anche per i crostoli. Sottili sottili e preziosi di grappa e anice», racconta soddisfatto mister Bosa. Che con la mente vola al lievitato pasquale.

«Come per il panettone seguo il metodo di Rolando Morandin, quello dei tre impasti. Per un totale di sessanta ore di lavoro complessive. Ma così la colomba ha qualcosa in più. Risulta più soffice, ariosa e aromatica. A tutto vantaggio anche della sua durata. La propongo nella versione classica, con i canditi di Mauro Morandin, ma anche con gocce di cioccolato, ricoperta di cioccolato. Invece, durante tutto l’anno, faccio un bauletto con l’integrale Petra 9, fichi e noci», continua orgoglioso Orazio. Che s’illumina d’immenso parlando di impasti, rinfreschi e lievitazione.

Il che vuol dire colazione. Visto che la pasticceria conta su una caffetteria, con corredo di una dozzina di tavolini. I cult? I croissant.

«Non li faccio esageratamente sfogliati. Non amo che si sbriciolino troppo. Punto sulla leggerezza. Quella che, finito il primo, invita a mangiarne un secondo. Li farcisco con crema pasticcera, chantilly, marmellata. 

Inoltre ho messo a punto delle brioche bombate con la frolla al top. Le vidi fare a Nicola Borra, uno dei tecnici di Molino Quaglia, all’ultimo Sigep di Rimini, e così presi spunto. Hanno un gran successo. 

Utilizzo la farina Petra 3 per l’impasto della veneziana e la Petra 5 per il frollino che la completa», spiega il pasticcere. Fiero anche della sua linea di biscotti, fra cui svetta una gettonatissima sfogliatina glassata e zebrata, grazie alla complicità della confettura.

«Ma durante il lockdown mi sono messo a sfornare pure il pane. E continuo a sfornarlo. Senza la pretesa di fare concorrenza ai panifici dei dintorni. Ci mancherebbe. Io presento prodotti diversi. Una ciabatta di semola rimacinata di grano duro, con la Petra 8610, e un’altra, molto ben idratata, realizzata con Petra 0101 HP, miscelata con Petra 0103 HP, ricca di farina di riso e orzo germogliati. È un soffio. Ed è bellissima».


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Cristina Viggè
fonte:
https://www.identitagolose.it/ermes/newsletter/?id=393

Foto di Enrica Guariento

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