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Sostenibilità umana per Corrado Assenza: un patto di mutua assistenza generazionale


Una staffetta; una larga e assolata agorà, dove prima un pensiero e poi un altro, e poi un altro ancora, si susseguono senza svilire le precedenti parole, le altrui testimonianze. Diventano un fluire copioso e ricostituente...

Ci si ascolta in questo forum, perché si guadagna poco a far la voce grande; si perde restando immobili, credendosi al riparo, arroccati in torri solitarie. Di questi tempi è impensabile.

Torna tra il popolo Alberto Gipponi dopo aver parlato, dopo aver lasciato traccia di meditazioni pratiche e aver condiviso il nettare raccolto, il frutto dell’esperienza, ancora abbondantemente in corso; dopo aver predicato la speranza, che non si distacca dalla consapevolezza e ancor di più dalla coscienza: da quella proiezione appurata di una strada tutta in salita, ma pronta a essere battuta in una marcia collettiva. E davanti, a condurla in prima fila, il cuoco del ristorante Dina ci avrebbe visto un Semplice, perché uomo Vero: Corrado Assenza. Logico e profondo, domiciliato nell’oggi con residenza nel domani, sempre in viaggio tra le reminiscenze passate che lo hanno arricchito, a cui attinge proficuo. Il pasticciere di Noto, l’artigiano della dolcezza, prende parola nell’agorà, colui che, ricalcando la voce di chef Gipponi, «potrebbe unirci tutti».

È toccato Corrado dalle parole di Alberto, che ringrazia di cuore, perché sono sentite, sono vere: «Le conosco da tempo. Adesso, leggerle - e non ascoltarle in uno dei nostri dialoghi al telefono, o mentre lavoriamo - mi arriva come un cazzotto allo stomaco: di quelli che ti fa traballare, sentire vuote, molli le gambe, stordire la testa, privandola di un pensiero adeguato sulla mossa successiva. Lo scambio di battute da privato si fa pubblico e la responsabilità mi toglie il fiato».

Una responsabilità che Corrado, in realtà, ha sempre coltivato, frequentato, foriero com’è dell’orizzontalità, nemico acerrimo di gerarchie strazianti, di toni astringenti e pugni chiusi: questi, preferisce usarli solo per lavorare con vigore i suoi impasti; ma per diventare “grandi”, invece, ci si affianca ai piccoli, per guidarli nelle loro insicurezze, dialogare, miscelando le visioni. E tutto questo, al Caffè Sicilia, il polo creativo di Assenza, lo si percepisce sin dal primo respiro. Un sistema autosufficiente, in cui ogni braccio si muove in libertà, agevolando l’altro, senza intralciarlo. Non una catena di montaggio, ma ingranaggi di intenti e talenti che lavorano per una medesima causa: la gioia dell’ospite.

Una squadra ben composita, congeniale all’operato e adeguata agli spazi, anche questi fondamentali, al punto da assumersi, in piena fase pandemica, la grande responsabilità di sospendere i battiti del Caffè, e chiuderlo per un anno, senza abbandonare nessuno dei suoi dipendenti, dei membri della sua grande famiglia. Un restauro strutturale, ma anche funzionale rispetto alla quotidianità del Caffè, senza ammodernamenti estetici, per conservare il gusto e la memoria visiva del Caffè nel tempo.

Ma ora, ci spostiamo dalla città pentagrammata del siracusano, per parlare all’Italia tutta: ai suoi pasticcieri, cuochi, uomini e donne di sala, sentinelle vigili dell’accoglienza, ma anche allevatori, contadini, pescatori e casari, e dal piccolo grande mondo del Caffè Sicilia, una voce si estende a chiunque abbia sete di ascoltare

«Dobbiamo lavorare sodo e duro per molti anni. – interviene Corrado- Per poterlo fare, per essere capaci di sostenere ritmi, ruoli, cadute, insuccessi, cambi improvvisi di direzione. Come accadrà, dovendo le nostre generazioni, per la prima volta, muoversi su piste non già battute in questa modernità. Avremmo soprattutto bisogno di riformare e rimodulare il valore del lavoro e della relazione tra persone, avremmo bisogno di ridiscutere su bisogni, necessità, scelte, costrizioni, rinunce, piaceri ed esigenze dell’individuo. Avremmo bisogno di guardarci fisso negli occhi, anziani, meno anziani, giovani e giovanissimi e stabilire un patto di mutua assistenza: ciascuno aiuta gli altri».

Per il beneficio primario che stavolta è collettivo, corale e non individuale, personale. Una società utopistica? Molto probabile: e Corrado Assenza riporta a galla il nome di Adriano Olivetti, di Tommaso Moro, qualche comunità monastica tra gli esempi plausibili che gli vengono in mente. O se volessimo essere più sostenibili, le società degli insetti sociali. Oppure una foresta pluviale o un bosco di macchia mediterranea, in climax.

Stabilito il contatto, costituita l’alleanza ci sarà, dunque, da studiare, osservare, apprendere: trasferendo saperi, esigenze, stili di vita tra le generazioni. Interpreti di tempi e materia, a confronto, vis-à-vis rughe e occhi accesi con pelli fresche e cuori ardenti.


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Marialuisa Iannuzzi
fonte: https://www.identitagolose.it/sito/it/44/30457/dallitalia/sostenibilita-umana-per-corrado-assenza-un-patto-di-mutua-assistenza-generazionale.html

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