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Francesco Ceccon: Mestre e Nuvole


Prima, rompe tutte le uova nel paniere. Rigorosamente a mano. Poi, unisce tuorli, latte fresco, zucchero e farina...

«Quella per sfoglia di Molino Quaglia. Non aggiungo amido alcuno e lascio in infusione una scorza di limone bella grossa, con ancora un po’ di polpa attaccata».

La crema pasticcera Francesco Ceccon la fa così: leggerissima e iper artigianale. Utilizzando solo tre tuorli per ogni litro di latte e mescolando nel pentolone col mestolo in legno. È la firma di famiglia. Il segno distintivo della pasticceria Ceccon, posizionata in piazza Carpenedo 17, a Mestre (tel. +39  041 5340116, pasticceriaceccon.it), dal lontano 1970. Quando Paolo - papà di Francesco - dopo aver consegnato brioche in bicicletta e sfornato krapfen per i campeggi veneziani, decide di aprire un suo locale con la moglie Maria Grazia.

Inizialmente Francesco - classe ’84 - frequenta l’istituto turistico. Ma poi? Sente l’inevitabile richiamo del dolce regno creato dal babbo.

«Anche mia sorella Martina, dopo aver lavorato per una maison di tessuti, è entrata nell’organico della pasticceria. Lei e mia madre controllano il servizio, allestiscono la vetrina e si occupano dell’amministrazione».

Mentre gli uomini mettono le mani in pasta. E fanno la crema. Pasticcera, ma pure chantilly. Che finisce persino nei cioccolatini, sposata con nocciole piemontesi semi caramellate, cioccolato Jivara di Valrhona e un biscotto sottile, realizzato con la farina Petra 5.

Chantilly che vola nelle brioche, così come la crema al pistacchio e quella con panna montata e cioccolato Guanaja. Per colazioni semplici ma autentiche, nutrite di girelle alla marmellata d’arance, rettangoli alla ricotta e vaporosi krapfen alla confettura d’albicocche. Che, goccia a goccia, piove nella Nuvola. Un dolce sofficissimo ma volutamente più piccolo (400 grammi), più democratico e più pop della focaccia veneta. Un’altra icona by Ceccon: senza canditi e ricoperta di mandorle e marzapane di armelline.

Lievitati e grandi lievitati. Preparati con il lievito madre.

«Che è una cosa bellissima. È come una morosa. Devi stare attento a non perderla. Il lievito lo devi ascoltare e capire, perché è una creatura viva. Ha le sue temperature e i suoi tempi, lunghi o brevi. È una storia d’amore e odio», dichiara saggiamente papà Paolo. Mentre Francesco svela un segreto:

«Frulliamo nel cutter, in modo grossolano, le arance e i limoni. Polpa e buccia insieme. E poi aggiungiamo il tutto a tutti gli impasti. Così risultano profumatissimi e aromatizzati in modo totalmente naturale». 

Della serie, nessun artificio. Solo qualche trucco del mestiere, restando fedeli alla verità della materia prima, eliminando il superfluo e privilegiando il gusto. Mai esageratamente dolce.


Cristina Viggè
fonte: 
https://www.identitagolose.it/news/?id=176

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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