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La Braciera: l’ardore della pizza


A me? Piacciono gli impasti difficili”. Sì, a Daniele Vaccarella le strade dritte e lineari non sono mai andate a genio. Così come non ha mai interessato il rimanere ancorato eternamente alla stessa idea...
 

Perché, a volte, cambiare direzione significa dar voce alla propria ambizione di raggiungere nuovi traguardi.

Daniele: palermitano, classe 1967, figlio d’arte. Alla tenera età di otto anni è già accanto a papà Antonino in cucina e a tredici non sa nascondere la sua attrazione fatale per il forno. Poi? Impara a gestire i locali di famiglia. Ma scopre che la regia amministrativa non è affar suo. E torna a fare il pizzaiolo. Mantenendo quell’umiltà che da sempre lo contraddistingue.

È così che, impasto dopo impasto, sfornata dopo sfornata, nel 2006 approda a La Braciera di via San Lorenzo, nel cuore di Palermo. Un’insegna nata negli anni Ottanta e rilevata nel 1997 dagli illuminati fratelli Cottone: Antonio, Marcello e Roberto. È la svolta. Sia per Vaccarella che per i bros. L’incontro è fecondo e foriero di successi e soddisfazioni. Perché Daniele sa guardare oltre. E i Cottone sanno agire con visionaria lungimiranza.

Tant’è che nel 2011, in un momento non proprio facile per la ristorazione, fanno goal, scattando in avanti. Daniele decide infatti di mettere a punto il suo upgrade, frequentando il corso della Federazione Italiana Pizzaioli nel mondo. Lo studio, la dedizione e l’innata passione lo conducono alla ricerca della perfezione. Incarnata nella gestione del lievito madre e delle lunghe maturazioni, in una più approfondita conoscenza delle farine e nella messa a punto di nuovi impasti. Espressione personale di un lungo percorso professionale.

“Certo, mi sono impegnato a conoscere meglio le farine. Così come ho fortemente voluto riscoprire i grani antichi siciliani. Quelli veri. Sono stato fra i primi a utilizzarli nella realizzazione della pizza”, spiega orgoglioso Vaccarella.  

Impasti. Il vero chiodo fisso di Daniele. Che stende la pizza secondo lo stile napoletano, ma leggendo il tutto attraverso la propria lente d’ingrandimento. “Il cornicione è la parte che meglio esprime l’impasto. Anche se io più che alla forma bado alla sostanza”, dice lui. Non trascurando certo la texture.

“Per esempio, l’impasto con la pregiata semola di grano duro di Altamura regala una struttura molto alveolata e un gusto particolare. Per non parlare di quello con Petra Evolutiva. In questo caso parto da una biga, col risultato di una pizza leggera e fragrante. Io cerco l’autenticità. Desidero distinguermi dal resto”, puntualizza Daniele. Che, sempre nella prospettiva di fare la differenza, sposa l’impasto combo Petra Evolutiva e Petra 9, l’integrale “tuttograno” di Molino Quaglia. Il molino atestino che sigla pure l’esclusivo network che coinvolge l’eccellenza dell’arte bianca: i Petra Selected Partners. Di cui La Braciera - “Tre Spicchi” del Gambero Rosso e fra i 50 Top Pizza - ovviamente fa parte.

Petra Evolutiva. Una farina unica, emblema di biodiversità e di resilienza. Siciliana, perché coltivata biologicamente nell’isola, ma figlia di un miscuglio di grani di antica origine mediterranea. Una farina capace di mutare il concetto stesso di farina, perché legata al terroir e perché in grado di variare ogni anno, seguendo il clima. Una farina d’annata, quindi. Nata grazie all’intesa fra la sapienza dei contadini di Simenza - cumpagnìa siciliana sementi contadine e la competenza dei mugnai Quaglia. Nord e sud, alleati in un progetto stimolante.

“A proposito di grani antichi, amo molto anche il russello. Un grano duro utilizzato in Sicilia per fare il pane. Lo eleggo nell’impasto che definisco classico. Unito a Petra 1 e Unica. Sempre partendo da una biga. Mentre per l’impasto del maestro prediligo Russello e Petra 1. Ottimo nella realizzazione del calzone”, continua Daniele. Perché chiaro è: ogni impasto ha la sua vocazione per una specifica preparazione.

“Per il bufalotto, che è il nostro calzone-sfilatino allungato, è meglio utilizzare l’impasto multicereali. Noi cerchiamo di indirizzare sempre il commensale verso la giusta scelta. Del resto, oggi i clienti arrivano preparati. Mi chiedono il tipo di farina, la provenienza degli ingredienti. Ecco perché nella nuova carta abbiamo voluto entrare nei dettagli, specificando produttori, stagionature ed eventuali dop”.

Questione di precisione. Ma anche di estro, pazienza e perseveranza. Qualità che hanno condotto Daniele verso nuove frontiere. Passando dalle farine “00” a quelle meno raffinate e macinate a pietra. Non dimenticando di valorizzare i grani duri. In genere meno indicati per la pizza.

“Faccio anche un impasto col semolato di perciasacchi. Un antico grano siciliano, così chiamato per la peculiare foggia appuntita delle spighe, in grado di bucare i sacchi di juta che le contenevano”, racconta lo chef. Che nella sua fertile produzione non dimentica l’impasto con Senatore Cappelli e quello con Capeiti (cultivar-incrocio fra i grani duri Senatore Cappelli ed eiti), l’impasto con khorasan kamut e quello con zero lieviti. Arrivando a mettere a punto un impasto signature, ottenuto da un blend di farine dal marchio registrato: il Trinacria, summa di tumminia, russello e bianco madonita. A rimarcare l’identità siciliana.

E un elogio all’isola è la pizza “Le Due Sicilie", un cult della Braciera.

“È il nostro cavallo di battaglia. Con datterino giallo e crema di datterino giallo, stracciatella, lonza baciata di suino nero dei Nebrodi, tuma persa e scaglie di tartufo scorzone. L’ho ideata nel 2016, per presentarla a un mondiale. Con l’intento di portare la mia terra, ma anche un prodotto di qualità, a una competizione internazionale”, spiega Daniele. Che ama il pomodoro San Marzano by Gustarosso, ma che simpatizza pure per il siccagno, il cui ciclo di maturazione avviene senza irrigazione. Per una Margherita ai profumi di Sicilia.

“Inoltre ho inserito i calzoni fritti e le montanarine. Preparate con la farina Special di Molino Quaglia. Sopra? Ci metto il pomodoro San Marzano, il pecorino e il basilico; il pesto di pistacchi, la mortadella e la stracciatella; oppure i pomodorini gialli, la bufala a crudo e il basilico fresco”, svela fiero Daniele. Che, in occasione delle serate di degustazione, crea anche la pizza al padellino.

“Più adatta a un percorso di assaggio. Ho provato a prepararla con i friarielli e i gamberi rossi di Mazara del Vallo. Ma l’ho fatta persino in versione dessert. Si tratta di un impasto con Petra Evolutiva e cioccolato, arricchito da crema pasticcera, frutti di bosco e salsa al mandarino”.

Un locale in evoluzione La Braciera. E pure in continuo movimento e in costante espansione.

Se infatti la casa madre (con forno a legna e circa 120 coperti) rimane quella in via San Lorenzo (chiusa però da giugno ad agosto), a lei si è aggiunta La Braciera in Villa. Così battezzata perché ospitata in quella che fu la dimora estiva del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore de Il Gattopardo. Anzi, l’insegna occupa proprio le antiche scuderie, esattamente ai piedi della vertiginosa Torre dell’Acqua. Una location suggestiva, densa di storia. Che vanta un lato indoor e uno (grande) outoor. E che, se in inverno apre le porte dal giovedì alla domenica (per un tipico pranzo in un agriturismo di città), dal 15 maggio al 30 settembre è attiva tutte le sere. E in attesa del tavolo? Si può sorseggiare un cocktail nel salottiero lounge bar, all’ombra della Torre.

Un servizio puntuale quello della Braciera. Che propone pizze, ma anche altre pietanze dalla mediterranea attitude. Un’insegna dinamica, che ha conquistato il Circolo del Tennis di Palermo, prendendo il nome de La Braciera al Circolo. Posizionata fra i campi da gioco. Una gourmand zone accessibile ai soci. Ben sapendo che i soci possono sempre portare qualche ospite, amici, familiari. Per un match a tu per tu col buon cibo.

E poi? Non manca La Braciera Take Away, in via San Lorenzo 11, vicino alla casa madre. Aperta dal martedì alla domenica per il servizio d’asporto. “Ma in realtà il takeaway è venuto dopo. In principio abbiamo costruito il laboratorio”, puntualizza Daniele. Il quale è presidente e docente della Sicilian School of Pizza. Un’associazione che è in primis una scuola di formazione per neofiti e professionisti.

“Qui non solo si impara a fare e a stendere un impasto, ma si conoscono meglio gli ingredienti, andando in visita direttamente sui luoghi di produzione”.

Vaccarella e Cottone hanno una marcia in più. Anche nel settore della comunicazione.

Basta seguire le pagine di instagram e facebook per capire il loro essere perennemente sul pezzo. I video, che spesso eleggono Antonio a protagonista, vanno a far focus su alcuni temi, tenendo lettori e clienti aggiornati sulle novità. Una su tutte? Il nuovo digital e smart menu, ideato in collaborazione con Amavery. In pratica? Basta avvicinare lo smartphone - in modalità fotografia - a uno speciale cartoncino con QR code e la carta multilingue appare sul cellulare. Con tanto di approfondimento sugli ingredienti e visualizzazione del piatto selezionato. Un menu moderno e coinvolgente. Per ordinare consapevolmente.


- Foto di Daniele Vaccarella e della pizza "Due" Sicilie by Enrica Guariento
- Foto di Daniele Vaccarella a PizzaUp by Thorsten Stobbe


Cristina Viggè
fonte: http://www.fuorimagazine.it/blog/shooting/?permalink=la-braciera-lardore-della-pizza

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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