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RASSEGNA STAMPA WEB
come e dove Petra arriva in tavola
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Equilibrio e contrasti. Dal Salento al Piemonte, passando per i campi di grano

Ci sono destini che non possono essere non ascoltati. Ci si può girare intorno, allontanarsene, ma poi rimangono lì, pronti a riacciuffare il proprio posto nella vita...

Massimiliano Prete è nato pizzaiolo, lievitista come ama definirsi, per un po’ si è occupato anche di pasticceria, ma poi il suo destino, tondo come un disco di pasta perfetta, è ritornato a bussare prepotentemente alla sua porta, offrendogli un modo nuovo di interpretare la pizza, disegnato a sua immagine e somiglianza.

La pizza di Prete è infatti davvero la sua copia edibile, una sorta di anima gemella che ha voluto plasmare partendo dall’origine. È la farina con cui si preparano gli impasti, infatti, a essere protagonista del suo concetto di pizzeria.

Massimiliano Prete ha sposato da anni il progetto di Petra Molino Quaglia sulla farina Evolutiva, che parte da un concetto ben preciso.

«La coltivazione del grano evolutivo è un progetto che in Italia è stato portato avanti dal ricercatore Salvatore Ceccarelli e coltivato in Sicilia da Giuseppe Li Rosi, contadino visionario. L’idea di fondo è quella di coltivare del grano sostenibile per la nostra salute, per la salute della terra, per il contadino che lo coltiva (remunerativo). Il sistema consiste nel coltivare in uno stesso campo un miscuglio di semi diversi di grani di vecchie varietà, capaci di adattarsi al cambiamento del clima, senza l’utilizzo della chimica nel campo».

Prete nel 2021 ha adottato un ettaro di terreno in Sicilia e lo scorso anno ha cominciato a seminare un campo anche in Piemonte, tra Savigliano e Saluzzo, in provincia di Cuneo, che proprio nel 2024 darà i suoi primi frutti. Una farina che, per sua stessa essenza, non sarà mai uguale, ma avrà delle caratteristiche ben precise, in base all’anno del suo raccolto. Come accade infatti per il vino, anche il grano subisce delle variazioni dovute all’annata agricola e questo è un dettaglio che diventa prezioso e significativo, in un settore dove troppo spesso assistiamo a un ventaglio di prodotti omologati e sempre uguali. Grano diverso, pizza diversa: da degustare, da capire, da valorizzare.

«Siamo molto curiosi di vedere risultati, visto che è un caso sperimentale qua in Piemonte. Noi sin da subito abbiamo voluto sposare il concetto che sta dietro l’Evolutiva. Penso di essere stato uno dei primi. Tutti gli anni siamo sempre andati in Sicilia durante la settimana della raccolta, abbiamo visitato i campi, abbiamo festeggiato il raccolto con i contadini. Crediamo profondamente in tutto il sistema di produzione, pensiamo che sia una cosa bellissima e poi abbiamo avuto subito anche dei riscontri da parte dei clienti. Quando andiamo al tavolo e raccontiamo il progetto, la storia che c’è dietro, c’è un riscontro positivo».

La necessità di raccontare, di divulgare, di spiegare cosa c’è dietro una “semplice” pizza: Massimiliano Prete è riuscito a trovare la chiave di lettura giusta per andare incontro al suo pubblico, quel pubblico che siede la sera tra i suoi tavoli e cerca un’esperienza non soltanto nutritiva in senso stresso, ma un’esperienza che abbia la capacità di innescare nella mente un ricordo futuro e una coscienza critica su ciò che si sta portando in bocca.

In fondo è dai ricordi che inizia l’esperienza di Massimiliano Prete. Da un lui bambino, a cinque anni, che ricorda la mamma pugliese intenta a impastare in cucina, mescolando acqua e farina. «Un qualcosa di magico per me: se faccio questo lavoro, lo devo senza dubbio a questa scena».
Un momento, in quel Salento di mare e sole, che poi l’ha portato a spostarsi al Nord, in terra sabauda, prima con Gusto Divino a Saluzzo e poi a Torino con Sestogusto al civico 31 di via Mazzini, nel cuore del Borgo Nuovo, e in via Stampatori 6, con una sede che è l’ultimo progetto di Prete e che con “pazienza, precisione, poesia” sintetizza i punti cardine della sua idea di pizzeria.

Una storia e una carriera che dimostrano quanto la passione debba essere fondamentale in un settore come questo e quanto anche un alimento così partenopeo come la pizza oggi abbia trovato terreno fertile lontano dalla sua origine territoriale, trasformandosi e vivendo di vita propria.

«Quando mi sono trasferito in Piemonte, negli anni novanta, mi sono ritrovato circondato da pizzaioli di Tramonti», il paesino della Costiera Amalfitana da cui è nata poi la celebrità della pizza.

«Il passaggio dalla pizzeria di quegli anni lì era quello di un sistema tradizionale. Per un po’ ho dedicato la mia vita alla pasticceria, per circa quindici anni. Poi ho rimesso le mani sulla pizza. Ecco, col passaggio in pasticceria il modo di vedere le cose è cambiato in maniera completamente diversa».

Il sistema scientifico proprio della pasticceria ha lasciato un’impronta forte sul suo modo di fare la pizza: lo richiedeva il mercato e lo richiedeva lo stesso mondo della pizzeria. Ed ecco che quindi la precisione si fa fondamentale in un processo dove l’impasto deve risultare perfetto e leggero («Sono ossessionato dalla leggerezza»), ma allo stesso tempo deve trovare un equilibro ineccepibile con gli ingredienti che vanno sopra il disco di pasta. Prete prende il mondo della cucina e lo mescola con l’arte del pizzaiolo, come a ricordare che i settori debbono mescolarsi e prendere esempio l’uno dall’altro.

«Una quindicina di anni fa c’è stata una rivoluzione vera e propria. Si è iniziato a ragionare sulle basi: sulle farine di qualità, sulla leggerezza, la scienza e la conoscenza. Io ho guardato molto l’alta cucina, il mio modello era quello. Anche perché che senso ha concentrarsi sulla base, se poi non facciamo la stessa cosa con gli ingredienti che ci mettiamo sopra?».

Un ragionamento concreto e attuale, soprattutto perché parte da una situazione presente in cui la pizza gourmet (chiamiamola così, anche se il termine ci fa rabbrividire) diventa inflazionata per il solo fatto di essere sempre uguale a sé stessa, di non riuscire ad andare oltre e a interpretare in modo esaustivo il pensiero di chi la crea.

Ci vuole coraggio anche in questo, il coraggio di uscire dagli schemi e rifiutarsi di proporre un qualcosa solo perché il mercato e il consumatore poco istruito, ma molto modaiolo, lo richiedono. Serve una coscienza vera sulla pizza e sulla sua costruzione e Prete l’ha trovata in un laboratorio, nei campi coltivati e nel forno.

La sua offerta spazia tra gli impasti e gli ingredienti che racconta una storia ben precisa, la sua. Il Pizz’otto, soffice e leggero come una nuvola e amato anche dal quel genio di Albert Adrià. La Croccante o la Romana, la Classica o le pizze Speciali, che sono un punto di incontro tra il passato e il presente contemporaneo. Inutile stare qui a elencare un menu che va scoperto giorno dopo, quasi fosse una carta che invita alla curiosità e alla sperimentazione. Qui vi lasciamo un’idea, un padellino con fior di latte, mela, pera, prugna, pesca e foglie di senape verde.

Questo articolo fa parte di “A Spicchi”, il progetto di Petra Molino Quaglia.


Giulia Salis
fonte: https://www.linkiesta.it/2024/03/massimiliano-prete-pizza-a-spicchi/

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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