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come e dove Petra arriva in tavola
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L’identità toscana è nella pizza libera


​Due serate di assaggi, sperimentazioni e qualche provocazione ma soprattutto di confronto e riflessione. Questo è stato Contaminazioni di Pizza 2018...

Seconda edizione dell’evento voluto dall’associazione Pizza&Peace e ospitato all’Apogeo di Barbara e Massimo Giovannini a Pietrasanta.

Fondata nel 2017 da 4 pizzaioli – oltre a Giovannini, anche Graziano Monogrammi, Paolo Pannacci e Giovanni Santarpia – e da Beatrice Menichetti, appassionata di arte bianca, per promuovere la cultura della pizza, oggi conta una ventina di soci che hanno partecipato alla prima serata:

Tommaso Vatti de La Pergola di Radicondoli (leggi anche sotto), Renato e Riccardo Pancini di Al Foghèr, Gabriele Tonti di Ghevido, Roberto Muscas di Gusto al 129, Massimiliano Ciaffone de Le Simpatiche Canaglie, Cristiano Diodato de La Pizza Di Rebe, Mirco Giuntini di Mangiare’, Giovanni Saviozzi di Farina Del Mio Sacco, Marco Manzi di Giotto, Raffaele Menna di Mamma Napoli, Fabrizio Giovannini de Il Pachino, assenti giustificati Antonio Polzella de La Ventola e Agostino Figliola di F.lli Cuore.

Aiutati anche da quattro delle Donne di Pizza Donne di Cuore, Petra Antolini, Eleonora Massaretti, Marina Orlandi e Giovanna Baratella, (leggi qui: Donne di pizza e di cuore sotto il segno di Petra) hanno sfornato 4 tipi di pizze a più mani: dalla pala romana alla tonda d’impronta napoletana passando per la pizza al padellino e quella farcita, in un bel gioco di squadra.

Diversi i momenti salienti, tra la parte più golosa e quelli dedicati alla solidarietà e al ragionamento su un tema non da poco, nella tavola rotonda d’apertura:

se sia possibile trovare un’identità precisa per la pizza toscana, qualcosa che la definisca un po’ come avviene per la pizza napoletana o per la “scuola veneta”, magari partendo dalla tradizione della schiacciata toscana.

Ma ha davvero senso voler circoscrivere e vincolare qualcosa che nasce “libero” come la pizza, pronta appunto a farsi contaminare da stili, ingredienti, sperimentazioni?

Dal confronto tra i pizzaioli – cui si sono aggiunte le osservazioni di produttori che il mondo della pizza lo conoscono assai bene come Piero Gabrieli e Chiara Quaglia con le farine Petra, poi Olitalia o Coppola con i pomodori – è emersa una generale idiosincrasia per i paletti troppo rigidi ma pure la voglia comune di lavorare sulla qualità e sulla ricerca e valorizzazione degli ingredienti locali, mentre ognuno può contribuire a un panorama regionale variegato e in fermento in cui possono coesistere pizze alte e basse, sottili e croccanti, popolari e gourmet purché siano buone.

Un’idea “aperta” e contaminata di pizza scaturita anche nella seconda serata, in cui le proposte dei soci fondatori di Pizza&Peace – l’ottima pala romana con un’estiva caponata di verdure e la provocatoria Tonno e cipolle contemporanea, con impasto sottile e condimento disordinato a richiamare la pizza vintage in voga in Toscana negli anni ’80 – sono state affiancate non solo dalla montanara nera Lapillo del Vesuvio di Gianfranco Iervolino (con stracciata di bufala, gambero crudo, carciofo e lime) e dalla “pizza soffice” con vitello tonnato e brunoise di verdure di Massimiliano Prete, ma anche dai raffinati finger food dello chef Giuseppe Mancino, due stelle Michelin al ristorante Piccolo Principe di Viareggio, dai drink del bartender Ricardo Salgado a cura della Florence Cocktail Week e dal “panettone estivo” – soffice e fresco, con meno burro del consueto e idratato con uno speciale “elisir di giovinezza” a base di acqua infusa con erbe e bacche dalle proprietà nutraceutiche – di Stefano Gatti de Il Fornaio di Viareggio.

Il ricavato è andato a DynamoCamp, camp di terapia ricreativa che ospita gratuitamente per periodi di vacanza e svago bambini e ragazzi malati, in terapia o nel periodo di post ospedalizzazione.


Luciana Squadrilli
fonte: 
http://www.identitagolose.it/news/view.php?id=101

Leggi il testo integrale nel link FONTE (qui sopra)

 

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