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Corrado Assenza: come un fior di cappero nel panettone


Il dominus del Caffè Sicilia di Noto, ancora una volta, indica la via. E ricalibra il ruolo del pasticcere

«Bisogna lavorare. E bisogna farlo insieme. Perché da soli non si va da nessuna parte. Abbiamo bisogno di squadre, di collaborazioni, di filiere, di vicinanze. Di ragionare in maniera collettiva».

Corrado Assenza docet. Aprendo a Identità Milano 2021 la giornata della Pasticceria italiana contemporanea, firmata Petra e Valrhona.

«E dobbiamo pure ridefinire il ruolo di ciascuno all’interno della società. Portando al di qua, nel dopo, tutto il buono che vi era nel prima. Cercando di lasciare, di non far passare il non necessario, il superfluo».

Il dominus del Caffè Sicilia di Noto, ancora una volta, indica la via. E ricalibra il ruolo del pasticcere.

«La riflessione parte da noi stessi. Da dentro di noi. Devo capire come io, individuo, possa agire all’interno della società. Portando ricchezza alla società. Sancendo patti sociali che vadano al di là delle leggi, ma che siano comportamenti etici capaci di contribuire a una società comprensiva, inclusiva, sostenibile. In grado di coinvolgere tutti gli anelli: deboli, meno deboli e forti. E noi pasticceri cosa dobbiamo fare? Pensare all’inimmaginabile. Perché siamo la cura dell’ultimo dettaglio. Siamo la ciliegina sulla torta della società. Per questo dobbiamo riuscire completare un progetto, un programma, un’idea che nasce da un pensiero. Essere un fior di cappero nel panettone».

Sì perché Corrado, in collaborazione con i g’trainer Nicola Borra e Luca Giannino, ha messo a punto un panettone - figlio della farina Petra 0103 HP, con riso e orzo germogliati - dagli intensi sentori di macchia mediterranea, grazie alla presenza del fior di cappero di Pantelleria e del bergamotto calabrese.

«Il cappero nasce dove lui decide di nascere. E non c’è pianta migliore al mondo di quella che decide lei dove crescere. Come il cappero: sbocciato su uno scoglio in mezzo al mare, accarezzato dal vento dell’isola pantesca. Una pianta spontanea, protetta in primis dalla natura, che poi va nelle mani del raccoglitore e del contadino e che infine tocca a noi far esprimere». 

Fior di cappero, dunque. Solitamente conservato sotto sale o sotto aceto. E invece stavolta candito.

«Certo, lo abbiamo liberato dal sale. Lasciandone solo una traccia lieve, un ricordo. Poi lo abbiamo messo in uno sciroppo di miele, in grado di estrarre il liquido dal vegetale», continua Corrado. Che unisce all’impasto il cappero e pure il bergamotto di Calabria. Candito pure lui. Per un lievitato pronto destreggiarsi fra ariosa freschezza e graffiante potenza...


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Cristina Viggé
fonte: https://www.identitagolose.it/ermes/newsletter/?id=468

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